Gazzetta dello Sport: “La serie B truccata dalla camorra. I soldi dei boss sull’Avellino. Dieci arresti, indagato Izzo”

“Un «jeans e una maglietta». Il ristorante La Casereccia, che già dal nome è tutto un programma. E poi una serie un po’ comica di «fratmo», «frate», «fratello», «amico nostro», «te vojo bene», perché evidentemente anche nel mondo molto «maschio» della camorra non è poi così disonorevole rivolgersi parole di affetto. Soprattutto quando servono a indorare la pillola, che è sempre la stessa: l’attesa della buona notizia, l’agognato «Sì!» che sblocca le scommesse, per cui ci si deve sdilinquire in amorevoli sms, roba da fidanzatini del liceo. COME GOMORRA Nell’inchiesta della Dda napoletana, condotta dal pm Maurizio De Marco e coordinata dal procuratore aggiunto Filippo Beatrice, che ha portato all’arresto di dieci persone – 7 in carcere e 3 ai domiciliari – ballano reati pesanti. A Luca Pini, un ex, e Francesco Millesi, finito all’Acireale, entrambi ai domiciliari, il pm contesta la frode sportiva e il concorso esterno in associazione mafiosa. Per gli stessi reati è solo indagato il genoano Armando Izzo, l’orgoglio di Scampia appena approdato in azzurro. Per gli inquirenti, tutti e tre «si sono messi stabilmente a disposizione» del clan «… allo scopo di influire fraudolentemente sui risultati delle partite…». In particolare, Millesi e Izzo avrebbero dato un «concreto, specifico, consapevole e volontario contributo…». In generale, la lettura dell’ordinanza fornisce tutti gli elementi di una puntata di Gomorra: i capi clan, i soldati, i pusher, la piazza di spaccio, l’armiere, gli spari, i soldi, il potere e quelle grandi tavolate nel ristorante fidato con gli arredi un po’ kitsch, dove le polpette, come raccontano le intercettazioni, diventano gol su cui scommettere. Ci sarebbe anche da sorridere se non fosse che il calcio, con i suoi fragili personaggi, come questo Armando Izzo, un ragazzo che ha molto talento, tanto da essere poi approdato in Serie A e in Nazionale, ma troppa contiguità con un ambiente da cui all’epoca dei fatti non ha ancora preso le distanze, ben si presta a fare da sfogatoio degli appetiti criminali. Anche perché le scommesse illecite servono a fare denaro ma, innanzitutto, a riciclare quello ottenuto con droga e le estorsioni. Senza il quale, del resto, sarebbe impossibile racimolare in poche ore i 400mila euro in contanti che per due volte vengono puntati sulle partite incriminate. E farebbe sorridere anche la figura di questo Francesco Millesi, un altro Ciccio catanese che vende alla camorra la sua leadership nello spogliatoio in cambio di qualche migliaio di euro. LA BANDA Dunque, la camorra e il calcio. «In alcune squadre ci sono soggetti che hanno relazioni con cui rendono illecita la loro attività. Siamo all’inizio di un’indagine che potrebbe avere importanti sviluppi. Non è finita qui», assicura Beatrice. Quel che è già emerso basta a scaricare sul nostro calcio altro fango. «Vanella Grassi», un clan camorrista di prima grandezza a Scampia e Secondigliano, decide di reinvestire i proventi illeciti di spaccio ed estorsioni nelle scommesse calcistiche e per farlo si rivolge all’ambiente dell’Avellino. Siamo alle ultime battute del campionato di B 2013-14, gli irpini, allenati da Rastelli (che nelle ultime settimane ha riportato il Cagliari in A), provano a conquistare i playoff. È Luca Pini, ex calciatore (anche nelle giovanili dell’Avellino) con una gioielleria di famiglia, la figura chiave cui si affidano i capi clan, i fratelli Antonio e Umberto Accurso: il primo verrà arrestato mentre divide l’incasso della seconda partita proprio con Pini, deciderà di collaborare e sulle sue rivelazioni oggi si regge l’inchiesta; Umberto, invece, lo hanno arrestato l’11 maggio scorso dopo due anni di latitanza. Pini individua in Millesi e Izzo i calciatori da corrompere per truccare le partite. Millesi, il capitano, fa il lavoro sporco, in forza della sua autorevolezza nello spogliatoio, e ne riferisce a Pini, che a sua volta deve tenere aggiornato l’altro capo clan Salvatore Russo, detto Geremia, il «frate» degli sms affettuosi. I SOLDI La banda riesce a truccare due gare: Modena-Avellino del 17 maggio e AvellinoReggina del 25. Prima, ci prova con Avellino-Trapani (3-3) ma sbatte contro il rifiuto di Fabio Pisacane, già balzato agli onori della cronaca e premiato da Blatter per aver rifiutato 50mila euro per una combine, di cui qui stupisce la confidenza con gli ambienti camorristici. Dopo, getta le basi per Padov a – Ave l l i n o (2-1) ma Accurso viene arrestato e non se ne fa più nulla. A Modena l’Avellino perde 1-0 ed è proprio sul gol subito in avvio di ripresa che il clan scommette: 400mila euro che producono un guadagno di 60mila, la metà dei quali, stando al racconto di Accurso, finisce a Pini, Millesi e soci. Meno dei 50 pattuiti se si fosse scommesso sul risultato della gara, tentativo fallito perché, racconta sempre Accurso riferendo delle conversazioni con Millesi, il portiere Seculin si rifiuta. Agli inquirenti, però, Seculin ha negato di aver ricevuto proposte di combine. E tra l’altro all’ultimo momento anche la giocata sul gol del Modena rischia di saltare perché Rastelli lascia Izzo in panchina per guai muscolari (o è lui che si tira indietro?) e manda in campo Maurizio Peccarisi, che viene debitamente catechizzato nell’intervallo (lo dice Accurso, lo mostrano le immagini Sky). Contro la Reggina, è tutto più facile. È una vittoria sicura, gli avversari sono poco più che ragazzini e Millesi ha gioco facile ad assicurare il clan che li convincerà lui. Izzo è ancora fuori: in tribuna. Finisce 3-0 (le «tre polpette») e i soldi ci sono per tutti: 400mila euro scommessi, 110mila guadagnati, 50mila girati dal clan ai calciatori. Tutti felici e contenti. INDAGINE Insomma, c’è già materiale per avviare l’indagine sportiva: ieri il procuratore federale Stefano Palazzi ha aperto il fascicolo, tra oggi e domani si farà consegnare gli atti. Illecito sportivo, scommesse vietate e omessa denuncia le violazioni sul piatto. Tanta roba, di cui anche l’Avellino, che ieri si è dichiarato «parte lesa», dovrebbe preoccuparsi. Soprattutto se si scoprisse che qualcuno, tra i dirigenti, sapeva e non ha denunciato”. Questo quanto riportato sull’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport”.

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Redazione Ilovepalermocalcio