“Hanno aggiunto loro l’aggettivo «fluidificanti», hanno provato a ribattezzarli esterni difensivi: alla fine, sono sempre rimasti e sempre rimarranno terzini. Cioè il ruolo meno nobile del calcio, quello in cui una volta erano impegnati i giocatori meno dotati tecnicamente, «cagnacci» il cui primo compito era controllare l’avversario, interpreti migliori della frase attribuita a Nereo Rocco (ma in realtà mai pronunciata dal Paron) «Colpisci tutto quel che si muove sull’erba, se è il pallone va bene lo stesso». Il fatto è che ormai i terzini del calcio moderno colpiscono soprattutto, se non soltanto, il pallone. E più di tutti gli altri giocatori in campo. In particolare in Serie A. Nel nostro campionato il pallone transita di più nei piedi proletari dei terzini. Non più interpreti marginali della partita ma protagonisti assoluti. I NUMERI Finora, in 210 partite di campionato giocate – e dunque su 420 formazioni schierate – per 192 volte i terzini hanno avuto il maggior numero di palloni toccati. Il caso più eclatante è quello dell’Empoli con Mario Rui: in 13 gare il mancino portoghese è stato il più coinvolto, tanto da risultare il terzino del campionato con il maggior numero di passaggi tentati (1.149, 935 dei quali completati). Ma anche l’Atalanta con Dramé (7 partite), il Bologna con Masina (9 partite), il Carpi con Letizia (10 partite), il Chievo con Gobbi (8 partite, più altre 4 con Cacciatore) hanno fatto transitare soprattutto verso l’esterno. Considerando nello stesso ruolo i centrali-laterali che si allargano per avviare il gioco, si possono aggiungere lo juventino Chiellini – nessuno tra i bianconeri ha chiuso più partite di lui (che ne ha 6) con più tocchi – o il torinista Bovo (stesso discorso e stessi numeri del Chiello). Approfondendo l’analisi, si nota che proprio la Juve ha costruito di più con i terzini in 14 partite, il Milan in 12 – nonostante in assoluto sia Montolivo il «toccatore» più frequente -, divise tra Antonelli, Abate e De Sciglio. Jorginho comanda il gioco del Napoli che pure passa tantissimo dalle fasce (Hysaj e Ghoulam sono la coppia di terzini con più passaggi), le eccezioni vere sono Genoa e Palermo, che riescono a passare più spesso dai piedi migliori (Perotti e Vazquez, che però in rosanero ha appena dietro Lazaar). COSTRUZIONE E PRESSING Il primo motivo riguarda l’impostazione molto più propositiva delle squadre rispetto al passato. Sono ormai molti gli allenatori che in fase di inizio gioco dal portiere vogliono evitare in modo assoluto il rinvio lungo: al Sassuolo, all’Empoli e al Napoli è praticamente proibito se non in casi eccezionali (ricordiamo uno sfogo terrificante di Sarri nei confronti dei suoi, lo scorso anno in casa dell’Atalanta, per un errato posizionamento sulla rimessa dal fondo…). Il pallone dunque scivola subito il più delle volte sull’esterno, dove il terzino ha una possibilità di smarcamento maggiore rispetto al centrale di difesa e perché lo sviluppo del gioco risulta meno complicato in ampiezza che non in verticale, perché c’è più spazio. A questo si lega il secondo motivo del coinvolgimento dei terzini. Sempre più spesso si affrontano squadre poco attendiste, che anzi preferiscono andare a prendere l’avversario nella sua metà campo. E il primo obiettivo è sempre l’uomo che fa girare il gioco, cioè il regista della squadra, il Pirlo della situazione: quante volte lo abbiamo visto marcato a uomo o sottoposto a una gabbia che ne impedisse la ricezione del pallone? Il pressing offensivo, oltre a bloccare la fonte di gioco, inoltre avvicina all’area, e dunque è difficile, perché troppo pericoloso, affidarsi subito al centrale di difesa. Dunque, ancora, ecco che il «ricevitore» preferito diventa il terzino. Che poi, secondo principi di gioco sempre più diffusi, se non ha spazio per la costruzione in avanti cerca l’appoggio del mediano, e da lì il giro palla verso la fascia opposta. All’altro terzino. COMPETENZE Mutuati i compiti dell’esterno, sono cambiate anche le attitudini e le competenze. Ora il terzino deve saper difendere e attaccare – come quinto di centrocampo, ma anche come esterno della difesa a 4 – quindi è coinvolto in due fasi di gioco e avere doti tecniche che gli permettano necessariamente di saper costruire gioco. Guarda caso funzionano le squadre che hanno interpreti di livello – Vrsaljko, Rui, Hysaj e Ghoulam, Marcos Alonso, Alex Sandro, Evra e Lichtsteiner -, molto meno chi sulle fasce riesce a proporne pochi (i continui cambi di esterni di Mancini, gli imprecisi milanisti). Ed è in questi ultimi casi che il motivo del coinvolgimento è dovuto alla volontà degli avversari. Si chiama «pressing a invito»: significa lasciare libero un giocatore in costruzione, magari quello meno tecnico, per invogliare la squadra a dargli la palla, per poi aggredirlo con almeno due uomini tagliando le linee nel frattempo le linee di passaggio. Perché molti terzini sono rimasti… terzini”. Questo quanto si legge sull’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport”.