“I primi a isolare il ceppo sono stati gli spagnoli. In tempi non sospetti, lo hanno battezzato come «Virus Fifa», ribadito sulla prima pagina del quotidiano catalano Sport proprio l’altro giorno per evidenziare come le nazionali abbiano restituito mezzi rotti Jordi Alba, Cillessen, Sergi Roberto e Neymar. Il «virus Fifa» è il tributo in termini di infortuni che ogni volta ma soprattutto in questo periodo dell’anno i club devono pagare alle partite delle nazionali in giro per il mondo. Il conto più salato è stato servito al tavolo di Milan e Napoli: il centrocampista rossonero Riccardo Montolivo e l’attaccante azzurro Arkadiusz Milik si sono procurati la rottura del legamento crociato anteriore sinistro. Ginocchia sacrificate sull’altare della patria cui i giocatori sono di fatto «costretti» a rispondere quando convocati , conseguenze che ricadono sui club di appartenenza. LA CAUSA NESTA Fino alla primavera del 2012, oltre al danno c’era la beffa. La normativa Fifa, infatti, era esplicita: la società per la quale il giocatore convocato era tesserato doveva fornire una copertura assicurativa che valesse anche per le partite in nazionale. Se si rompeva, insomma, il club non prendeva un euro. Qualcuno non ci stava, ed è famoso il caso di Alessandro Nesta, infortunatosi proprio al crociato al Mondiale 1998 (durante ItaliaAustria): l’allora presidente della Lazio chiese alla Figc un risarcimento di 13 miliardi tra stipendio, cartellino del «sostituto» Couto, liquidazione delle spese assicurative ottenendone alla fine un paio. LA BATTAGLIA La battaglia nazionali club ha il primo punto di rottura nel 2004: Abdelmajid Oulmers, nazionale del Burkina Faso, torna rotto, fuori 8 mesi. Lo Charleroi, il suo club, chiede un risarcimento alla Fifa. Blatter nega le responsabilità e la sfanga. Più dura farlo con i colossi. È nato così il «Fifa Club Protection Programme», l’assicurazione della Fifa contro gli infortuni in nazionale. Fu approvato l’8 giugno del 2012 dopo una lunga battaglia condotta dall’Eca l’associazione dei club europei presieduta da Karl Heinz Rummenigge, presidente del Bayern che due anni prima aveva iniziato a combattere. Successe infatti che Arjen Robben accusò un problema muscolare alla coscia nell’ultima amichevole prima del Mondiale sudafricano: lo staff medico dell’Olanda non lo rispedì a casa, e dopo aver saltato le prime due partite l’ala tornò in campo. Contro la volontà del club bavarese, che al rientro di Robben in Germania registrò le condizioni disastrose dei suoi muscoli e la conseguente assenza per due mesi. Il Bayern, che qualche mese prima aveva già minacciato l’azione legale contro la federcalcio olandese per un infortunio di Van Bommel, fece partire una richiesta di risarcimento di 600mila euro. Dopo una lunga disputa legale, nel 2012 si arrivò a un accordo: amichevole «riparatrice» tra Bayern e Olanda, all’Allianz Arena, due giorni dopo la finale di Champions (andata quasi deserta perché quella finale il Bayern la perse con il Chelsea). Ma forse anche con la promessa di un accordo. Raggiunto al congresso Uefa di Budapest a fine maggio e firmato anche dalla Fifa l’8 giugno di quell’anno. IL CALCOLO Il «Programme», inizialmente approvato fino al 31 dicembre 2014, è stato prorogato fino al 2018, con uno stanziamento annuale di 80 milioni di euro: finiti quelli, i club non prendono più un centesimo (ma tranquilli, pare che per il 2016 non siano finiti). L’indennizzo per ogni giocatore non può superare i 7,5 milioni annuali e i 20.548 euro giornalieri: viene calcolato dividendo lo stipendio lordo per 365 e poi moltiplicando per i giorni di assenza per infortunio (ma con una «franchigia» dei primi 28 giorni di stop, che vengono sottratti dal computo). Tradotto: Montolivo sta fuori 6 mesi (180 giorni, per la Fifa 152), ha un lordo di 4,5, il Milan riceverà un indennizzo di quasi 1,9 milioni. Lo stesso calcolo, applicato a Milik (5 mesi valutati per il recupero) porta a 1,5 milioni di rimborso. Cifre che non ripagano il «danno sportivo» ma che sono comunque un risarcimento (al quale si aggiunge quello delle assicurazioni private del club). E GLI ALTRI? Prendono zero, proprio per quella franchigia di 28 giorni, tutti quei club che vedono rientrare giocatori indisponibili per meno di un mese. E al di là dei crac eclatanti di Montolivo e Milik, che hanno subìto infortuni «traumatici», sono questi le vittime principali LA STORIA DA RIVA A ROBBEN La battaglia per ottenere un risarcimento dalla Fifa è recente: ai tempi di Riva, infortunatosi due volte gravemente in Nazionale, era utopia. Per Nesta, Cragnotti fece causa alla Figc, con Robben Rummenigge ha cominciato il percorso verso la situazione attuale. ALESSANDRO NESTA 1998 Al Mondiale, contro l’Austria, il difensore si rompe il ginocchio. Cragnotti, presidente della Lazio, chiede 13 miliardi di lire alla Figc ABDELMAJID OULMERS 2004 Si rompe con il Burkina Faso, fuori 8 mesi. Lo Charleroi fa causa alla Fifa – che se la cava – e accende l’attenzione dei grandi club sul tema ARJEN ROBBEN 2010 L’olandese torna infortunato dal Mondiale, il Bayern minaccia l’azione legale: è l’inizio della lotta «sindacale» per l’indennizzo Fifa RICCARDO MONTOLIVO 2014 Come Riva, il milanista fa crac due volte con l’Italia. Gli era già successo alla vigilia del Mondiale 2014, rottura della tibia, 4 mesi out Calcio Il caso GIGI RIVA 1970 Dopo essersi rotto il perone nel 1967 in azzurro, tre anni dopo Riva ci rimette tibia e perone e salta quasi tutto il resto del 1970-’71 e più frequenti del Virus Fifa. Pjaca, per esempio, non sarà a disposizione di Allegri ma per lui la Juve non riceverà soldi. Noie muscolari, stanchezza, malanni vari sono una costante del periodo. Il calendario è fittissimo: un giocatore di alto livello, tra campionato, coppe e nazionali, è arrivato a giocare 13 partite in 35 giorni. Ritmo già stressante per la «macchina atleta», e si devono aggiungere gli spostamenti. Le nazionali, in questo senso, sono un ulteriore fattore di sovraccarico: costringono a molti voli in pochi giorni, a volte dall’altra parte del mondo (ma anche chi sta in Europa deve magari tornare nel Paese d’origine e poi andare in trasferta), e sottopongono il calciatore a un tipo di allenamento diverso non migliore o peggiore, diverso rispetto a quello sostenuto con il proprio club. Con conseguenti possibili squilibri muscolari. Quindi infortuni. È il prezzo da pagare per avere l’onore di rappresentare il proprio Paese. In fondo Gigi Riva, che in azzurro ci rimise una volta il perone e un’altra volta tibia e perone, non si sarebbe mai sognato di chiedere un risarcimento”. Questo quanto si legge sull’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport”.