L’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport” si sofferma sull’Inter e l’inchiesta che coinvolge gli ultras,.
L’inchiesta sulle curve di Inter e Milan, che ha portato alla luce un sistema corrotto e criminale, ha scosso profondamente il mondo del tifo organizzato. Le 568 pagine dell’ordinanza del tribunale di Milano descrivono un contesto in cui estorsioni, affari sporchi e violenza hanno sostituito i valori di aggregazione e amicizia che un tempo caratterizzavano le curve. Una realtà dominata da un piccolo gruppo di delinquenti, pronti a farsi guerra per il controllo del “business” legato al tifo, e che ha cancellato decenni di storia del supporto genuino.
La Curva Nord dell’Inter, una volta simbolo di passione e appartenenza, è stata ridotta a una “società per azioni”, in cui tutto ruotava intorno ai soldi. Vittorio Boiocchi, bandito di lunga data, aveva ripreso il controllo della curva dopo trent’anni di carcere, ma la sua gestione ha portato solo degrado. Dopo il suo assassinio, seguito dall’uccisione di Antonio Bellocco, rampollo di una famiglia ‘ndranghetista, la situazione è precipitata ulteriormente.
L’arresto del “direttivo” della curva, accusato di associazione a delinquere con metodi mafiosi, ha aperto una nuova fase. I veri tifosi, quelli che non hanno mai smesso di credere nei valori del tifo sano, vogliono ora ripartire e riconquistare la dignità perduta. La decisione è stata presa: “Curva Nord Milano” non esisterà più, sostituita da una nuova realtà basata sulla trasparenza e su un ritorno ai valori del passato. Bandiere e striscioni con i volti di figure iconiche come Giacinto Facchetti torneranno a sventolare, e dal 27 ottobre, in occasione di Inter-Juve, sarà esposto un solo striscione: “Dal 1969 uniti, fieri, mai domi”.
La necessità è quella di guardarsi indietro e ricostruire, lasciando alle spalle un periodo di cui, purtroppo, c’è solo da vergognarsi.