“Sarà Josip Posavec il portiere titolare del Palermo nella prossima stagione. L’addio di Stefano Sorrentino, uno dei protagonisti della salvezza rosanero, apre la porta al ventenne croato, che aveva debuttato in A contro il Bologna (00) per poi cedere il posto a Sorrentino, al rientro dopo l’infortunio. Prima di lui era toccato a Fabrizio Alastra che aveva esordito in A a 18 anni subentrando a Sorrentino, uscito per infortunio contro il Torino. Alastra era stato confermato contro la Roma all’Olimpico, per poi cedere il posto a Posavec in attesa del rientro del capitano. Nella storia del Palermo ci sono stati portieri giovani che hanno lasciato il segno, anche se in passato difficilmente in quel ruolo si dava spazio ai ventenni. L’INGEGNER PENDIBENE Luigi Pendibene arriva a Palermo nel 1949 proveniente dalla Reggina. Ha 23 anni, è nato a Savona il 17 settembre 1926, fa il portiere. Ma Pendibene insegue un altro traguardo: la laurea in ingegneria. Nelle due stagioni a Reggio Calabria studia all’università di Napoli. A Palermo riesce a laurearsi. «Ricordo racconta dalla sua Bonassola, in provincia di La Spezia il nervosismo dell’ultimo esame. Presi 27, ma stavo per abbandonare. A vedermi laureare c’erano tutti i cattedratici della facoltà, solitamente assiste soltanto il relatore. Una gran soddisfazione» 100 il voto di laurea. E il Palermo? «Il portiere titolare era Masci, che scalpitava per fare il titolare. Molti miei colleghi se non giocavano, morivano. Io no. Il calcio mi piaceva, ma non era un’ossessione». LA PRIMA VOLTA L’esordio in serie A arriva l’ 8 dicembre 1949. Il Palermo ne prende 2 dalla Pro Patria a Busto Arsizio. Pendibene quell’anno (per la prima volta i rosanero andarono in ritiro precampionato) gioca soltanto 7 partite. Resterà a Palermo fino al 1954, cinque campionati, 62 presenze. L’ingegner Pendibene diventa uno specialista nel parare i rigori. «Sì, ne ho parati tanti: contro il Milan ad Annovazzi, l’Atalanta, la Fiorentina, il Napoli. Ricordo che contro i partenopei mi feci male al braccio, il tiro era violentissimo. Ne ho parati due anche al grande Silvio Piola, che giocava nel Novara». Pendibene lega il suo nome alla più pesante sconfitta nella storia del Palermo: 90 sul campo del Milan. É il 18 febbraio 1951. Il Milan è primo in classifica (vincerà poi lo scudetto), il Palermo settimo. I rosanero si presentano a San Siro senza Vycpalek, Galli, Lodi e Fuin. E la pagano. A questo si aggiunge che il primo gol del Milan è irregolare per una carica di Gren sul portiere rosanero, che finisce sulla copertina dello Sport illustrato. Il numero uno del Palermo viene assolto da Leone Beccali sul Corriere dello sport. Responsabilità per Pendibene non ce ne sono. Anzi il portiere evita che il passivo vada in doppia cifra. A compromettere la sua prestazione c’è anche una lussazione alla spalla. «Nordhal mi finì addosso, Burini non risparmiava calci. Gli ultimi quattro gol li ho presi in condizioni fisiche pessime». Il ricordo di Palermo è bellissimo. «Mondello era un incanto». Non lega col principe Raimondo Lanza di Trabia. «Notavo una certa diffidenza nei miei confronti, probabilmente dovuta al fatto che ero stato acquistato da Capuano, dirigente del Palermo e alto funzionario del Banco di Sicilia». A fine carriera Pendibene diventa direttore commerciale della Philips. Un innovativo sistema di alta fedeltà verrà adottato dalla Rca, la casa discografica più importante del momento. Allora l’hifi costava quanto un’auto di lusso, la Philips ne aveva messo a punto uno che chiamavano la 500: costi contenuti, qualità eccellente. A quelle riunioni nella casa discografica partecipa anche Pendibene. «Secondo qualche sito sarei morto, ma non viene specificata la data». A settembre compirà 90 anni. ANZOLIN E LE MELANZANE Era il 1959, Roberto Anzolin aveva 21 anni e doveva finire al Milan. Tre buoni campionati in B col Marzotto, la squadra di Valdagno dove era nato, fanno scoprire questo giovane portiere. La trattativa col Milan era a buon punto, s’intromette il Palermo che offre 5 milioni in più e Anzolin parte per la Sicilia. Sì, davvero altri tempi. «Ero rattristato, per me la Sicilia era un altro mondo. Ero un ragazzo di paese, che si esprimeva soprattutto in dialetto». E il dialetto palermitano il giovane Roberto non lo capisce proprio. Ma Palermo l’affascina subito. Rimane colpito dal calore della gente, da via Libertà e piazza Politeama. E l’affetto continua ancora adesso a tanti anni e tanti chilometri di distanza. MENU SICULO «Ti faccio assaggiare un piatto che non conosci» gli dice al ristorante Totò Vilardo, segretario del Palermo. Gli spaghetti con pomodoro e melanzane sono ancora oggi uno dei piatti preferiti da Anzolin, che la moglie Gabriella continua a preparargli. Roberto vive allo stadio nelle camerette adibite ad alloggio dei giocatori. Stringe subito amicizia con Toros, il portiere di riseva che proveniva dalla Fiorentina. Toros lo allena, gli dà consigli, lo porta in giro in auto. E soprattutto ama fare scherzi. Il gruppo è unito: il lunedì tutti insieme a Mondello, gli altri giorni pranzi alla trattoria Conca d’oro, vicino la stazione. Il primo allenatore di Anzolin in rosanero è Vycpalek. « Un uomo buono, autentico. Lo chiamavamo tutti Cesto. Alla fine dell’allenamento con Arce e Vernazza mi tempestavano di tiri. «Roberto, ha visto che so ancora tirare?» mi dicevano. Roberto gioca per divertirsi, ma è sempre concentratissimo. Gli dà fastidio se qualcuno del pubblico gli chiede «Robè, oggi vincimu?», esce dallo spogliatoio se qualcuno parla a voce troppo alta. IL DEBUTTO Anzolin debutta in serie A a Bari. Para di tutto, deve arrendersi ad un autogol di Bernini. E anche se quell’anno si conclude con la retrocessione, Roberto continua a definirlo strepitoso. Ma è il rapporto con i palermitani ad emozionare Anzolin. La gente lo ferma per strada, lo invita a casa, se entra in un negozio sa che non riuscirà a pagare. All’ultima giornata il Palermo gioca in casa con la Juve, finisce 11, ma la salvezza è legata al risultato dell’Udinese a Roma. Ha perso, ma l’annuncio dato dagli alto parlanti della Favorita è falso. La gioia dura poco: il pari dei friulani manda il Palermo in B. D’estate Anzolin fa un’altra esperienza. E’ militare, Vilardo riesce a dirottarlo dagli alpini all’aeronautica, la sede è a Roma. Con qualche permesso riesce a passare qualche giorno a casa. E a Valdagno arriva una singolare convocazione dal colonnello Marchello: Roberto e Sereni devono partecipare ad un torneo di pallavolo a Mondello nella squadra dell’Aeronautica militare. Sulle tribune c’è un tifo da stadio per i due giocatori del Palermo. LA RISALITA Ritornare in A non è facile. Il tecnico Baldi parla pochissimo, non ha rapporti con i giornalisti. Anzolin, come De Bellis e Ferri, gioca 37 partite. I soldi sono pochi, le vittorie per 10 sono tante. E bastano per conquistare il terzo posto e la serie A. L’unica amarezza per Roberto è la sconfitta a Valdagno contro il Marzotto: 20 anche per una mia cappellata. E dagli spalti mi gridano: “ti abbiamo dato i soldi”. Quanto li ho odiati». Prima dell’ultima partita di campionato i dirigenti lo prendono sottobraccio. «Ti abbiamo ceduto alla Juventus. Ma ti prego, non dire nulla, se lo vengono a sapere scoppia la rivoluzione». Alla Juventus resterà 9 stagioni. Ma quelle due in rosanero hanno un posto privilegiato nel suo cuore, nei suoi ricordi. Perchè da nessuna parte ha avuto un’accoglienza come a Palermo”. Questo quanto riportato dall’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport”.