“Nell’estate dei suoi 26 anni a pensarci è incredibile quanto sia ancora giovane Mario Balotelli avrebbe avuto bisogno di una squadra subito. Un gruppo nel quale entrare a metà luglio, compagni con i quali sudare correndo nei boschi, ragazzi da conoscere passeggiando la sera in un paesino di montagna; e poi qualche amichevole facile, gli sguardi di stupore per una giocata speciale «ma davvero sai fare questo?» , una dinamica antica, a suo modo lenta, qualcosa a metà fra una convalescenza dagli urti della vita (si fa per dire) e il riabituarsi a un mestiere dimenticato. Molto semplice. Siamo invece arrivati alle ultime ore di mercato e Mario è un pacco che Raiola fatica ad affrancare: forse andrà a Nizza, forse a Palermo, forse in una squadra della quale nulla sappiamo, e della quale soprattutto nulla sa lui. In parecchi hanno chiesto informazioni, ritirandosi davanti a un ingaggio fuori scala: due anni fa Balotelli venne scritturato dal Liverpool con un contratto che il suo procuratore rese sontuoso. Oggi quel contratto valido ancora per due stagioni è una catena che lo tiene prigioniero: le architetture finanziarie necessarie per mantenerlo non si costruiscono in un giorno e lo costringono a esercitarsi in solitudine mentre Raiola cerca la quadratura del cerchio. Balotelli non è certo l’unico «detenuto» di una prigione economica che tutte le persone «normali» vorrebbero frequentare: il discorso è pieno di virgolette, non indignatevi ma seguite il ragionamento. Mario non è l’unico, ma forse è quello che più ha forzato la grammatica che collega lavoro e compenso: ha ricevuto troppo per ciò che aveva fatto sin lì era un ingaggio rivolto alle aspettative e dopo due anni di crisi la discrepanza è diventata una voragine. Nella cultura laica il denaro non è lo sterco del diavolo, ma una motivazione per dare il proprio meglio: ma se a un rendimento di abissale vacuità continua a corrispondere uno stipendio da sceicco, ripartire diventa impossibile. I calciatori usano una formuletta ormai stantia per descrivere queste situazioni: «Al momento di firmare il contratto non ho puntato una pistola alla tempia del presidente». Sarà, ma il giocatore che pone davanti a ogni altra considerazione il rispetto di un contratto divenuto irreale è consapevole di essere finito: e dunque ramazza ciò che gli spetta fino all’ultimo spicciolo. A 26 anni Balotelli dovrebbe pensare a reinserirsi, privilegiando gli aspetti sportivi a quelli economici; se riuscisse a invertire il suo rovinoso senso di marcia altri soldi e altri contratti lo ripagherebbero del passo indietro necessario adesso. Se ha ancora un briciolo di fiducia in se stesso, la strada è questa”. Questo quanto si legge sull’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport”.