Gazzetta dello Sport: “Higuain, che tango con Dybala. Juve super offensiva per l’assalto all’Europa”
“Un grandissimo centravanti per una squadra molto offensiva. Sta nascendo una Juve profondamente diversa da quella che ha dominato l’ultimo campionato. Sarà anche più forte e in grado di competere fino in fondo per la Champions se riuscirà ad assorbire il cambiamento tatticofilosofico. Il problema, ovviamente, non è l’inserimento di Gonzalo Higuain. Il Pipita è un centravanti eccezionale e ha anche le caratteristiche ideali per giocare in coppia con Paulo Dybala, argentino pure lui: uno destro, l’altro mancino; uno potente, l’altro agile; uno è padrone dell’area, l’altro ama muoversi sulla trequarti. L’intesa dovrebbe essere naturale. Il rendimento di Higuain è indipendente dal modulo: nel 352 Gonzalo godrebbe dei suggerimenti dalle fasce di Dani Alvez (o Lichtsteiner) e Evra (o Alex Sandro); nel 4312 potrebbe sfruttare le illuminazioni di Pjanic e magari di Pjaca. Insomma, un acquisto di valore assoluto che alza sensibilmente il livello di competitività dell’attacco bianconero: Higuain-Dybala è una coppia da top club. E la lineaguida del mercato bianconero emerge chiaramente: l’obiettivo (già centrato) era la crescita del potenziale offensivo, anche a discapito di una minore imperforabilità. TRE NOVITA’ La Juve ha costruito i cinque scudetti sulla solidità difensiva: ha sempre avuto la migliore difesa incassando una media di 22,2 gol a campionato, mentre solo due volte ha avuto anche il miglior attacco. Buffon e la BBC sono stati un muro invalicabile, ma la fase difensiva ha sempre coinvolto tutta la squadra. Portiere e marcatori entravano in scena dopo che gli avversari avevano faticosamente superato il primo sbarramento delle punte (ricordate il lavoro di Tevez?) e la caccia serrata dei centrocampisti: già solo tirare in porta alla Juve era una missione complicata, segnare era diventata quasi un’impresa. Citiamo tre giocatori, non a caso: Lichtsteiner si faceva la fascia cento volte per andare a crossare ma non ha mai fatto mancare una diagonale difensiva; Pogba, spesso criticato per i ghirigori a centrocampo, era sempre attento a inseguire gli avversari e a sfruttare il fisico in interdizione; Mandzukic si trovava decisamente a suo agio nel ruolo di primo stopper della squadra. Nella Juve che sta nascendo, invece, ci saranno Dani Alves, meraviglioso in avanti ma dichiaratamente e orgogliosamente restio a dare una mano là dietro; Pjanic, superbo inventore di calcio ma non eccelso rubapalloni; Higuain, supremo finalizzatore ma non un mostro di generosità senza palla. IL PEZZO MANCANTE La grande scommessa della Juve è tutta qui: aumentare la capacità di fuoco senza concedere dietro più del lecito. Ed è chiaramente una scommessa legata alla Champions perché per vincere il sesto scudetto di fila ai bianconeri basterebbe probabilmente confermare la solidità difensiva: tanto prima o poi un gol si segna. È la migliore difesa a vincere il campionato, mentre in Champions il peso degli episodi è talmente elevato da rendere impossibile l’individuazione di una ricetta sicura per arrivare in fondo. Comunque anche in Europa blindare la porta è produttivo, come dimostra l’Atletico Madrid. E così il progetto bianconero, decisamente ambizioso, porta con sé una componente di rischio più elevato di quanto si pensi. Banalmente, una Juve più offensiva ma meno ermetica concederebbe qualche speranza in più alle rivali in Italia senza avere certezze di crescita in Europa. Ecco perché, in caso di cessione di Pogba (sempre più vicina), il grande acquisto andrà fatto in mezzo al campo: un centrocampista boxtobox
(alla Strootman, per intenderci) che garantisca equilibrio e filtro sulla trequarti bianconera. In mezzo Allegri ha una rosa limitata: Pjanic, Khedira (sempre a rischio infortunio), Marchisio (indisponibile fino almeno a novembre), Sturaro, Asamoah, Lemina ed Hernanes. Bisogna completare il reparto e non solo per motivazioni tattiche. GLI ESEMPI La storia d’altronde insegna che due squadre immortali per le vittorie e per il gioco, il Milan di Sacchi e il Barcellona di Guardiola, facevano gol e spettacolo anche grazie all’assoluta impermeabilità difensiva. Il dato più significativo dello scudetto di Arrigo fu quello dei gol incassati: 14 in 30 partite, mentre l’attacco rossonero realizzò 43 reti, 12 in meno del Napoli di Maradona. E anche in Europa Sacchi concedeva pochissimo: 5 gol in 9 partite nel 198889, appena 3 sempre in 9 gare l’anno seguente. Il segreto del tikitaka di Pep era la riconquista del pallone nella trequarti avversaria, in modo che emergessero lì le doti tecniche dei suoi finissimi palleggiatori e che gli avversari non si avvicinassero mai alla porta blaugrana. Nei tre campionati vinti, Guardiola ebbe sempre la miglior difesa e una volta sola il miglior attacco. Anche in Europa era difficile bucare il Barcellona di Pep: nel 2009 trionfò concedendo 5 gol in 7 partite dagli ottavi in poi; due anni dopo bissò il titolo incassando solo una rete in più nella fase a eliminazione diretta. La Juve deve quindi rinforzarsi senza snaturarsi: non semplice, ma forse è questa la strada più logica da seguire per fare l’ultimo salto di qualità”. Questo quanto si legge sull’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport”.