Gazzetta dello Sport: “Gli altri Leicester, storie di piccole che divorano gli squadroni”

“E poi succede quello che non t’aspetti, crollano i teoremi, si invertono le regole e la storia si colora di allegria. È l’illusione che si fa realtà, il sogno che si concretizza. È il Leicester di Claudio Ranieri primo in classifica in Inghilterra. Chi l’avrebbe immaginato? È accaduto tante volte nella storia del calcio. Ovunque, in Europa e in Sudamerica. Il piccolo che diventa grande, e tutti tifano per lui perché c’è più gusto a stare dalla parte di Davide contro Golia. I «Davide» italiani li conosciamo bene: restando nel Dopoguerra, la Fiorentina di Bernardini, il Bologna sempre di Bernardini (che evidentemente era davvero un grande allenatore se è riuscito a vincere due scudetti con squadre non titolate), il Cagliari di Riva e di Scopigno, il Verona di Bagnoli, la Sampdoria di Boskov, Vialli e Mancini. E qui ci fermiamo, perché dopo hanno sempre vinto i ricchi, i potenti, i soliti noti. Il caso del Portogallo è emblematico: dal 1946 a oggi il campionato è sempre stato vinto dal Porto, dal Benfica o dallo Sporting Lisbona (cioè dalle società più potenti). Soltanto in due circostanze il vento ha soffiato al contrario: nel 1946, quando trionfò il Belenenses, e nel 2001 quando vinse il Boavista. Rivoluzioni di breve durata, garofani appassiti in fretta. Tre al comando Come il Portogallo anche la Spagna è terra dove il peso della tradizione è opprimente. Real Madrid, Barcellona e Atletico Madrid, per decenni, hanno monopolizzato la Liga. Poi, nel 1981, dai Paesi Baschi, precisamente da San Sebastian, arriva una folata di aria fresca: vince la Real Sociedad, che l’anno prima si era classificata al secondo posto, e si pensa che qualcosa di nuovo possa accadere. Non è così, perché la triade del potere riprende immediatamente lo scettro e se lo tiene ben stretto. Nel 2000 il successo del Deportivo La Coruna è una specie di scherzo del destino. La squadra di Javier Irureta, che pratica un calcio rapido e aggressivo, sfrutta un momento di amnesia dei grandi e, grazie anche ai 22 gol dell’olandese Roy Makaay, conquista un successo per molti irripetibile. Si pensi che nel Terzo Millennio, salvo due «scherzetti» del Valencia, il titolo spagnolo è sempre finito nelle bacheche del Real Madrid (5 volte), del Barcellona (7) e dell’Atletico Madrid (1). Agli altri non resta che raccogliere i coriandoli della festa. Strano destino In Francia le eccezioni alla regola, perlomeno le più famose, si chiamano Auxerre, Lens e Montpellier. Quella dell’Auxerre, nel 1996, più che la vittoria di una squadra è il successo di un uomo: Guy Roux, l’allenatore. Dedicò la sua vita all’Auxerre, per 44 anni la guidò e a metà anni Novanta, senza grandi mezzi economici e con giocatori cresciuti nel vivaio, ottenne la gioia più grande. Roux era un tipo particolare, faceva il giro delle discoteche, la sera, per sincerarsi che i suoi ragazzi non ci avessero messo piede e, quando nutriva qualche sospetto su un giocatore un po’ esuberante, gli metteva sotto controllo il contachilometri della macchina. Quello scudetto, oltre che di Lamouchi e di Blanc, di Silvestre e di Taribo West, fu soprattutto suo, di Guy Roux il santone che aveva portato l’Auxerre dai Dilettanti alla gloria. Due anni più tardi, nel 1998, proprio alla vigilia dei Mondiali che avrebbero visto trionfare i Bleus di Jacquet, un’altra sorpresa: il Lens. Nessuno ci avrebbe scommesso un franco, tanto che nessun giocatore di quella squadra venne poi convocato in nazionale. Eppure l’allenatore Daniel Leclercq fece il miracolo e scandalizzò l’intero Paese. Un po’ come accadde nel 2012 quando il Montpellier, piccolo, brutto e cattivo, se ne infischiò dei giudizi della critica e dell’opinione pubblica contraria, e con i 25 gol di Olivier Giroud beffò quei ricconi del Paris Saint Germain sulla cui panchina si era appena seduto Carlo Ancelotti. A un altro allenatore italiano, Giovanni Trapattoni, toccò assistere a un’impresa che aveva del miracoloso. Alla guida del Bayern Monaco, nel 1998, il Trap non riuscì a opporsi alla forza del Kaiserslautern di Otto Rehhagel, appena promosso dalla seconda divisione. Scudetto pazzesco, una gioia incredibile che Rehhagel, stavolta sulla panchina della Grecia, replicò nel 2004 quando conquistò addirittura il campionato europeo. Nel 2009 due italiani, Barzagli e Zaccardo, parteciparono all’impresa del Wolfsburg, al primo titolo. Felix Magath in panchina, Grafite (28 gol) e Dzeko (26) in attacco: il successo porta i loro nomi. Panchine d’oro Tornando in Inghilterra, dopo il viaggio in giro per l’Europa, vengono in mente almeno tre casi paragonabili al Leicester di Ranieri: l’Ipswich Town del 1962, il Nottingham Forest del 1978, il Blackburn del 1995. L’Ipswich, appena arrivato in massima divisione, vinse subito. E gran parte del merito fu dell’allenatore Alf Ramsey che, grazie a quel successo, si guadagnò la chiamata della nazionale inglese con la quale nel 1966 vinse il Mondiale. Anche il Nottingham Forest conquistò il campionato da neopromosso e anche in questo caso l’uomo-chiave venne individuato nel tecnico, Brian Clough. Quella squadra arrivata dal nulla stupì non solo l’Inghilterra, ma tutta Europa vincendo due coppe dei Campioni nel 1979 e nel 1980. Il Blackburn di Kenny Dalglish, nel 1995, tagliò il traguardo in testa dopo un lungo braccio di ferro con il Manchester United. Anche in questo caso i piccoli che battono i grandi. Ce la farà pure il Leicester di Ranieri?”. Questo è quanto riportato dall’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport”.