“Ha chiuso la stagione con l’ennesimo trofeo, da titolare, dopo un’annata però vissuta da panchinaro, condannato dal Psg a fare il vice di Trapp che non va neppure all’Europeo. Salvatore Sirigu arriva a Coverciano con la determinazione di ripagare la fiducia di Conte, coprendo le spalle dell’intramontabile Buffon, in attesa di segnali interessanti dal mercato. Anche per un prestito. Trapp titolare a priori: tradimento del Psg? «Per me la parola data è tutto e il club, dopo avermi rinnovato il contratto, mi disse che non aveva bisogno di altri portieri, confermandomi piena fiducia alla fine della scorsa stagione. Quando poi hanno preso Trapp ho pure pensato che la concorrenza poteva farmi bene».
Ma la concorrenza è sembrata falsata. «Tornato dalle ferie capii che volevano sbattermi fuori perché non ho mai potuto giocarmela alla pari, non sono mai stato preso in considerazione, per loro Trapp era comunque titolare. L’allenatore mi diceva che in caso di dubbio, avrei avuto di sicuro una chance: invece non è stato così neppure quando eravamo già lontani in classifica, giocando ogni tre giorni. C’era turnover per tutti, ma non in porta: mi è sembrata un’esagerazione. Ci sono rimasto male. Sono deluso anche per quanto ho dato a questa maglia in cinque anni, se non altro per professionalità. Le scelte dell’allenatore poi però le ho sempre accettate, pur non condividendole».
Il vice d.s. Letang l’estate scorsa, presentando Trapp, disse però che il Psg non si sarebbe opposto a una sua cessione. «Non me l’aspettavo. Magari voleva essere cordiale, ma non mi è sembrato un gesto di gran classe. Al posto suo mi sarei comportato diversamente». Pensa di essere stato lasciato solo anche quando in passato difese la squadra processata dai media? «Stare in prima linea può essere pericoloso. A volte ho esagerato, ma l’ho fatto per la squadra. Quest’anno però penso di essere diventato più forte mentalmente. Non mi pento di essere rimasto e quando ho giocato ho dato garanzie. Ne sono fiero».
Meglio tornare in Italia o andare in Premier League? «Mi restano due anni di contratto e dipende anche dal club che deve dirmi chiaramente se chiudiamo qui o se ci sarà concorrenza vera, anche se stenterei a crederci. Comunque non ci saranno problemi per trovare una soluzione condivisa. Di sicuro non voglio vivere un’altra annata simile. Il mercato dei portieri non è semplice: sono pronto a valutare progetti seri, anche in prestito, ma da squadre che mi vogliano davvero. La Champions non è fondamentale, anche se mi è mancata molto. Leonardo mi convinse di venire al Psg, quando il club partiva da zero, tenendomi due giorni al telefono…».
Si è parlato di un interesse della Juve. «Ma Buffon è sempre in grande forma, e mi fa piacere. Magari vado in pensione prima io di lui. Comunque non mi metterei a fare il secondo in un altro club, preferendo in caso rimanere al Psg. Poi nel calcio non sai mai».
Quanto è contata la fiducia di Conte? «Molto, perché la fiducia di una persona, al di là del suo ruolo, fa la differenza, soprattutto in un annata come questa. Così mi sono allenato duramente anche per essere pronto per la Nazionale e non mancare l’Europeo».
L’Italia non ispira ottimismo: siamo outsider, senza Verratti. «Forse ci manca qualità e esperienza, ma siamo ben organizzati e possiamo fare male a chiunque. Nei grandi tornei può succedere di tutto, contano dettagli e situazioni. L’infortunio di Verratti è particolare. Forse lo staff ha spinto per averlo in tempo per la Champions e a lui è mancata un po’ di esperienza nel gestirsi».
Favorite dell’Europeo? «Dico Francia, che gioca in casa con grandi giocatori. Anche se non hanno Benzema, possono contare su Griezmann che ha fatto la differenza in Champions. E poi c’è molto entusiasmo, che però può essere un’arma a doppio taglio. Per loro è un’occasione storica».
All’Italia invece tocca Ibrahimovic che ha appena detto addio al Psg dopo aver segnato 50 gol in una stagione. «Ibra fa paura a prescindere. E in più è al top come mai in passato. Ma non è eterno e forse aveva bisogno di voltar pagina. Cambiare non è mai facile, ma a un certo punto diventa necessario. Il Psg ha mezzi e ambizioni per trovare un altro top player».
Cavani non si considera l’erede di Ibra. «Edy deve fare se stesso e la gente non può pretendere che sia come Ibrahimovic. Cavani va già bene così com’è»”. Questa l’intervista all’ex rosanero Salvatore Sirigu riportato oggi su “La Gazzetta dello Sport”.