Gazzetta dello Sport: “Ex rosa preso a schiaffi e macchine incendiate. È allarme in Lega Pro”

“«Tira una brutta aria, siamo preoccupati e facciamo cattivi pensieri». Umberto Calcagno, 46 anni, vice presidente vicario dell’Assocalciatori. Ex centrocampista. Due presenze nella Sampdoria campione d’Italia 1990/­91, poi quindici anni a faticare sui campi polverosi della C. «Nella mia carriera – racconta – ho subito tante contestazioni, anche molto aspre. Ma le aggressioni e gli agguati che si stanno verificando in questi mesi, no. La violenza sui calciatori, per così dire, è salita di livello. Ci allarmano il numero degli episodi e le modalità con cui avvengono. A volte sembra quasi di intravedere un’unica regia dietro azioni così simili e ravvicinate…». BOLLETTINO DI GUERRA Il timore di Calcagno è raggelante. E, purtroppo, non privo di fondamento. La situazione è precipitata. Lunedì scorso il presidente Carlo Tavecchio, dopo aver affrontato il tema­ violenza in Consiglio federale, ha deciso di chiedere un incontro urgente al ministro dell’Interno Minniti, con tutte le componenti del calcio italiano. «Abbiamo superato il livello di guardia – ribadisce – condannare non basta più, il Governo ci aiuti a proteggere società e atleti». Del resto, ormai è un bollettino di guerra. Solo nell’ultimo mese e nella sola Lega Pro, Carretta e Bifulco del Matera colpiti a calci e pugni da quattro ultrà a Matera (26 febbraio); la squadra dell’Ancona aggredita da una ventina di tifosi al termine dell’allenamento, approfittando dell’assenza di guardiani e dirigenti (9 marzo); Gomez e Leone del Catanzaro insultati e picchiati nel parcheggio dello stadio di Melfi, fin sotto il pullman della squadra, da trenta incappucciati (12 marzo); i giocatori del Taranto minacciati e aggrediti con mazze, schiaffi e pugni allo Iacovone, anche lì prima dell’allenamento (22 marzo). Ieri la violenza è scesa nei Dilettanti, ma è rimasta in Puglia. Il portiere del Barletta (Eccellenza), Luigi Moschetto, colpito alle spalle davanti alla sua abitazione, punito per aver incassato in pochi minuti quattro gol dalla Vigor Trani. Se l’è cavata, si fa per dire, con un occhio gonfio e quindici giorni di prognosi. «Mi associo all’appello di Tavecchio, dobbiamo agire prima che sia troppo tardi – avverte il presidente della Lnd e vice vicario Figc Cosimo Sibilia, che da fine gennaio ha già dovuto fare i conti con tanti episodi di violenza e razzismo – . Il mio pensiero va ai calciatori e ai direttori di gara, dobbiamo garantirgli sicurezza e serenità». CATTIVO ESEMPIO Le società possono fare molto, nel bene e nel male. Martedì, prima dell’agguato subito sotto casa, Moschetto e il resto della squadra erano stati esposti al pubblico ludibrio dai propri dirigenti. «In virtù delle ultime due deludenti uscite – era scritto nella nota del Barletta – nelle prossime gare di campionato i calciatori non indosseranno i nostri gloriosi colori sociali, ma una seconda divisa». Indegni, innanzitutto per i propri dirigenti. Un comunicato dello stesso tenore aveva diffuso Elisabetta Zelatore, presidente del Taranto, dopo le sconfitte con Akragas e Messina, giusto qualche ora prima che i suoi giocatori venissero aggrediti. Vale la pena ricordarne alcuni passaggi illuminanti: «La società, i tifosi e la città tutta non meritano queste prestazioni vergognose, indecorose, ingiustificate ed ingiustificabili. Prove come quelle di cui sopra non saranno ulteriormente tollerate!». E ancora: «La società adotterà tutti i provvedimenti atti a consentire la presenza in campo di atleti legati ai colori rossoblù, seriamente motivati e rispettosi di tutti i tifosi e della società stessa». L’accusa, in perfetto stile ultras, è sempre la stessa: calciatori indegni. Mercenari. Venduti. «Non è più tollerabile questa ambiguità – denuncia Calcagno – se non si capisce che in questo modo si getta benzina sul fuoco… L’Aic ha inviato i comunicati di Taranto e Barletta alla Procura federale: ci aspettiamo che vengano presi provvedimenti. Se si continua su questa china, chiederemo la sospensione dei campionati». La violenza aumenta in quantità e qualità. Già a fine ottobre, quando l’Aic pubblicò il terzo report «Calciatori sotto tiro», relativo alla stagione 2015­16, i numeri spaventavano: 83 situazioni violente (23 nella stagione precedente), 117 azioni intimidatorie (52), nel 23% dei casi vere aggressioni fisiche, nel 55% subite dai propri tifosi, cioè dal cosiddetto fuoco amico. Un dato che aveva spinto Damiano Tommasi a denunciare: «Troppi tifosi o sedicenti tali pensano, troppo spesso, che il calcio sia una cosa loro». Un lugubre campionario di insulti, minacce, pestaggi e danneggiamenti, più o meno equamente divisi tra professionisti e dilettanti, nel 61% dei casi avvenuti fuori dagli stadi, con il Sud a farla da padrone (52%), ma il Lazio in cima alla classifica delle regioni (17%), seguito dalla Puglia (16%), che dopo i fatti dell’ultimo mese rischia di balzare in testa. Non a caso, il presidente del Comitato regionale della Figc, Vito Tisci, si dice «amareggiato e preoccupato: sono state violate tutte le regole, scritte e non scritte». TERZO TEMPO A proposito di regole, il presidente della Lega Pro Gabriele Gravina – che in segno di protesta e solidarietà, d’accordo con l’Aic, ha già posticipato di 15’ il fischio d’inizio delle partite – ha consegnato al Consiglio federale una proposta interessante: «Un codice deontologico da far sottoscrivere a tutti i presidenti, che li obblighi a certi comportamenti in campo e fuori, nel giorno della partita e nel resto della settimana. Dobbiamo parlare meno e meglio, pesare le parole, evitare questa continua esasperazione della ricerca della vittoria. È una questione culturale – sottolinea Gravina – per questo molto presto in Lega Pro sbarcherà il terzo tempo, come nel rugby. L’esempio devono darlo innanzitutto i protagonisti».”. Questo quanto si legge su “La Gazzetta dello Sport”.

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Redazione Ilovepalermocalcio