L’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport” si sofferma sull’esclusione di Palermo dalle città candidate per Euro 2032.
Ha ragione il ministro dello Sport Andrea Abodi quando dice che i progetti degli stadi devono andare avanti «al di là di Euro 2032». Come minimo, però, la candidatura sarà una preziosa alleata in questi mesi (e speriamo anche dopo) che ci separano dal 10 ottobre, quando il comitato esecutivo dell’Uefa dovrà dire Italia o Turchia. Non è un mistero che l’Italia, per fascino e risultati, attrazioni turistiche e precedenti a distanza ravvicinata (il successo organizzativo, oltreché agonistico) delle quattro partite ospitate dall’Olimpico dell’edizione itinerante del 2021 finita con il trionfo di Wembley, sia potenzialmente in vantaggio.
Il problema è la zavorra con cui la candidatura è costretta a fare i conti. Tanto per dirne una: l’età media dei nostri stadi di serie A è di 68 anni rispetto ai 35 degli impianti inglesi e ai 38 di quelli inglesi. Non è un caso che in cima al dossier ci sia l’ultimo arrivato: il Dpcm con cui il Governo ha deciso di sostenere le operazioni per la ristrutturazione e la rigenerazione degli stadi. Anche gli stadi che non fanno parte del cast Europeo (ospiterebbe gli allenamenti), come il Mapei Stadium di Reggio Emilia, per cui ieri sono stati annunciati interventi migliorativi per 18 milioni di euro.
Palermo no Il dossier, però, è anche già una scelta. E una dolorosa esclusione: Palermo. Che resta nella documentazione, ma pronto a entrare in partita se sarà necessario e se ci sarà qualche forfeit fra le altre 10 soluzioni: Roma, Milano, Napoli, Torino (Allianz Stadium), Genova, Firenze, Bologna, Bari, Cagliari e Verona. La spiegazione ufficiosa che filtra è di carattere logistico: inserire nel bid due isole è stato considerato una complicazione in termini di spostamenti delle squadre e del seguito. E Cagliari, con il progetto del nuovo Sant’Elia che va veloce, non poteva essere scartata.