Tra poco meno di un mese comincerà l’avventura del Palermo in Serie D, trovare la promozione nel campionato dilettantistico non è affatto una cosa semplice, dato che per costruire la squadra il nuovo patron Mirri avrà pochissimo tempo. L’edizione odierna di “La Gazzetta dello Sport” fa il punto della situazione sull’obiettivo della nuova era Mirri, cioè quello di attrarre nuovi investitori.
Mirri ha conquistato subito il cuore dei tifosi, ma al di là dell’impatto emotivo, è stato chiaro: io in B ci posso arrivare, poi si vedrà. Farà tutto il possibile per raggiungere il campionato cadetto, ma per andare in Serie A ci vorrà ben altro e lo sa anche lui. La storia del Palermo insegna che ci sono voluti prima Franco Sensi per riportarlo in B, poi Zamparini per farlo tornare in A. Il Palermo, dopo la radiazione, era riuscito a centrare la B per poi scivolare fino alla C2,ma fu ripescato in C1. Al di là degli errori di gestione fu evidente che i dirigenti palermitani di allora non avevano i mezzi economici per stare in alto. Dobbiamo aspettarci in futuro altri «colonizzatori»? Chi viene a investire in Sicilia vuole risultati e guadagni. Succede nell’industria, nell’agricoltura e in altri campi. Il problema del «colonizzatore» calcistico è la durata. Non essendo legato sentimentalmente al Palermo, non avrà difficoltà a disfarsene. La sfida di Mirri è quella di creare una società solida, che duri nel tempo. Per farlo ci vorranno investimenti sempre maggiori man mano che si sale di categoria. Colui che potrà dare una svolta potrebbe essere Tony Di Piazza, l’attuale vicepresidente del Palermo. Portare il brand rosanero negli Usa può attrarre investimenti, immettere nuovi capitali nella società. Ma senza bisogno di andare negli States, ci sono tanti palermitani che vivono in Italia, tanti sparsi tra Germania, Belgio e Svizzera. Non averlo capito è stato uno dei più grandi fallimenti di Zamparini, che non si rese conto che undicimila tifosi rosanero a San Siro contro l’Inter alla prima trasferta in Serie A non venivano da Palermo, ma dal nord Italia, dalla Svizzera. E fu ancora più grave non cogliere l’occasione della coppa Uefa, che portò il Palermo in giro per l’Europa.La seconda sfida di Mirri è quella di allargare la base di quei cinquemila veri tifosi rosanero. Non sarà un compito facile, anche perchè i supporters sono delusi dall’andamento della squadra negli ultimi anni e dopo i mesi di agonia della gestione Tuttolomondo è difficile ripartire. I tifosi rosanero sono quelli che l’indimenticabile Ferruccio Barbera definiva «i nemici della contentezza», quei palermitani incapaci di gioire per quanto di buono accade in città, calcio compreso. Ricordate il trionfo in C2? Niente feste di piazza, nessun tifoso uscì con una bandiera per salutare il Palermo in C1. E il secondo anno di A? Dopo l’euforia della prima stagione con lo stadio esaurito in abbonamento, le presenze calarono, venne snobbata anche la partecipazione alla Coppa Uefa (partite con 4 mila presenze), anche per l’input surreale di Zamparini: è una coppa di latta. Mirri avrà messo nel conto che al primo risultato negativo di questa stagione ci saranno tifosi che rimpiangeranno i tempi andati, giornalisti pronti alla critica. Mirri ha più volte citato Renzo Barbera, il presidente più amato della storia. Furono dieci anni di grande coinvolgimento popolare con Barbera efficace testimonial della passione rosanero. Ma sempre nel rispetto dei ruoli: presidente, calciatori, tifosi, giornalisti. Nell’ultimo periodo della sua presidenza Barbera fu criticato molto severamente dalla stampa palermitana. Non cercò mai la benevolenza dei giornalisti amici (e ne aveva tanti), non chiese sconti o trattamenti di favore. E nelle interviste rispondeva sempre con pacatezza a tutte le domande anche le più scomode e incalzanti. Tutto questo attende il nuovo Palermo. Dalla rinascita del 1987 al ritorno in A ci sono voluti diciassette anni. Troppi. Mirri e i suoi uomini dovranno fare in fretta.