Sull’odierna edizione del quotidiano sportivo “La Gazzetta dello Sport”, ci si sofferma sulla questione dei diritti tv e della spartizione dei soldi che ne derivano. L’incasso medio del nuovo triennio è cresciuto di circa il 20%: 1170 milioni lordi quest’anno che, tolte la mutualità del 10%, la quota della Coppa Italia e le commissioni a Infront si arrivano a 986 milioni netti da distribuire tra i venti club, ovvero 120 milioni in più del 2014-15. Adesso bisogna capire come verranno suddivisi. Oggi le piccole si sono ricompattate formando un fronte di 13 società (due soli voti in meno del quorum necessario per deliberare); sul versante opposto, invece, ci sono Juventus, Milan, Inter, Roma, Napoli, Fiorentina e Lazio. Dopo una serie di riunioni, le piccole sono arrivate ad una proposta e domani mattina a Milano si svolgerà l’ultimo incontro per limare il documento e sottoporlo all’assemblea convocata per le ore 13. Tale proposta si divide in tre punti: modificare i criteri di ripartizione per una distribuzione più equa; aumentare il paracadute a favore delle retrocesse in B; riformare la governance della Lega per avvicinarla al modello inglese. Di seguito la spiegazione nel dettaglio:
“PUNTO PRIMO Attualmente la torta viene divisa al 40% in parti uguali, al 30% in base ai risultati sportivi (5% ultima stagione, 15% cinque stagioni precedenti, 10% storico dal 1946-47) e 30% secondo i bacini d’utenza (5% popolazione, 25% ricerche demoscopiche e ascolti tv). Il piano prevede di incrementare la quota «meritocratica» spostando il 10% dai bacini d’utenza ai risultati: nello specifico, la fetta assegnata in base al numero dei tifosi scenderebbe dal 25% al 15%, il peso dell’ultima classifica salirebbe dal 5% al 10% e quello dei cinque anni precedenti dal 15% al 20%. Un sistema più vicino alla Premier, dove i diritti domestici sono suddivisi per il 50% in parti uguali, per il 25% in base al numero di apparizioni in tv e per il 25% secondo l’ultima classifica, e alla Bundesliga, che contempla solo i criteri sportivi tanto che il Bayern (appena 51 milioni nel 2014-15) si sta muovendo per cambiare il meccanismo. Questa ipotetica nuova ripartizione penalizzerebbe la Juve, che vanta un quarto dei bacini d’utenza della Serie A (per la verità il 30% ma c’è un tetto al 25%) ed è il club che porta a casa più soldi: 94 milioni nel 2014-15. Questa mossa delle piccole sa tanto di tatticismo: nessuna big ci rimetterà.
PUNTO SECONDO Le medio-piccole vogliono far crescere il paracadute per stabilizzare i fatturati, proteggere il valore dei club ed evitare i tracolli finanziari da retrocessione. Come? Fino all’anno scorso il montepremi per le tre retrocesse è stato di 30 milioni: massimo 15 ai club con almeno 3 stagioni in A, 10 con 2 stagioni e 5 con una. Il paracadute continuerebbe a essere modulato secondo la storia delle retrocesse, ma verrebbe esteso a tre stagioni (a patto di non tornare in A) fino a un massimo di 25 milioni per il primo anno di B, 15 per il secondo e 10 per il terzo. Ciò significherebbe uno stanziamento annuale di 80-90 milioni, il triplo di ora: in proporzione il paracadute italiano peserebbe quanto quello inglese, cioè il 9% del totale netto (nel 2014-15 la Premier ha destinato addirittura 218 milioni alle retrocesse).
PUNTO TERZO Una Lega da modernizzare e da liberare dall’influenza dei club, assegnando più poteri alla struttura in modo da valorizzare il prodotto collettivo, come fanno Premier, Bundesliga e ora anche Liga: lo auspichiamo da tempo, chissà se questa sarà la volta buona. Le medio-piccole propongono un patto alle grandi, soprattutto a chi come Fiorentina, Roma e Juve ha invocato un cambiamento in questi ultimi anni: organi esecutivi indipendenti, dotati delle giuste deleghe, cioè presidente e direttore generale in grado di avere maggiore autonomia, con l’assemblea sovrana sulle questioni economiche e di indirizzo”.