Gazzetta dello Sport: “Diritti tv, club più vicini. Ma l’intesa slitta…”

E’ come il gioco dell’oca. Si fa un passo avanti e due indietro. Ma l’accordo sulla spartizione dei proventi tv in Serie A ancora non si è materializzato. Badate bene, l’accordo per questa stagione, che ha superato il giro di boa e volge verso marzo, mese in cui è prevista la quarta rata della fatturazione dei diritti. Finora si sono distribuiti i soldi secondo criteri provvisori, ma da marzo non è più possibile perché potrebbe verificarsi il caso di club che ricevono più di quanto spetti loro. Ecco perché la preoccupazione è grande: i diritti tv sono la sopravvivenza delle società, specie di quelle con tensioni di liquidità. FUMATA NERA Ieri l’ennesima assemblea convocata ad hoc si è conclusa, dopo 4 ore e una riunione preliminare tra le big, con una fumata nera. «Siamo vicini, prima o poi troveremo un accordo che accontenti tutti», ha detto all’uscita il presidente del Genoa Enrico Preziosi. Prossimo appuntamento il 26 febbraio. Si potrebbe anche slittare ai primi di marzo per l’intesa, ma non oltre. Proprio i tempi stretti lasciano pensare che un accordo ci sarà. Ieri si è registrato un avvicinamento e non ci sono state liti, come quella tra Preziosi e De Laurentiis filtrata la volta precedente e smentita seccamente dal primo («nulla di vero, chi l’ha detto è un pagliaccio, e se ci fosse stata sarebbe uno spione»). Le posizioni tra i due fronti restano rigide: 6 big da una parte, 14 medio-piccole dall’altra, col quorum fissato a 15. Si scontrano, in fondo, due visioni antitetiche sul tema della ripartizione delle risorse e, in generale, dei rapporti di forza economica in A. Juve, Milan, Inter, Napoli, Roma e Fiorentina (la Lazio si è sganciata) vogliono più soldi per potersi confrontare con maggiori chance nello scenario internazionale, le medio-piccole chiedono una distribuzione più democratica, sul modello della Premier, per assicurare più competitività a livello domestico. RICAVI EXTRA Sembra paradossale ma, di fronte a queste due rivendicazioni, l’incremento del 20% sulla vendita dei diritti tv del triennio 2015- 18 rischia di essere una coperta troppo corta. Parliamo di circa 150 milioni annui, al netto della mutualità, delle commissioni a Infront e di altre spese. Su una cosa tutti quanti, anche chi aspirava a una rivoluzione che toccasse la governance della Lega, si sono ormai rassegnati: sarà un accordo-ponte valido solamente per questo campionato. Fermi restando i criteri di ripartizione cristallizzati nel precedente triennio (40% in parti uguali, 30% secondo i risultati e 30% in base ai bacini d’utenza), il pomo della discordia è rappresentato proprio dalla destinazione di quei 150 milioni in più. Le big vogliono redistribuirli solo tra le prime dieci della classifica, in un’ottica meritocratica che «premi le squadre che più investono», come si sussurra da quel fronte. Le medio-piccole chiedono che vadano a beneficio di tutte le società, escluse le retrocesse, quindi anche dall’undicesima alla diciassettesima. Per la verità, ieri si è provato a trovare un compromesso. Intanto le grandi hanno accettato di incrementare il paracadute per le retrocesse fino ai 60 milioni chiesti dalla controparte, rispetto ai 50 offerti la volta precedente. E hanno pure proposto di distribuire una piccola fetta dei ricavi incrementali a chi termina il campionato nella parte destra della graduatoria. «Sono briciole», ribattono le piccole, preoccupate dalla prospettiva che la forbice con le grandi aumenti, anziché diminuire.