L’edizione online de “La Gazzetta dello Sport” si sofferma sulla Reggina e il piano di Saladini per il destino del club che fa agitare la serie B.
“I destini di due squadre di calcio tra Serie A e B s’intrecciano con i percorsi consentiti dal nuovo Codice della crisi d’impresa provocando non poche frizioni con l’ordinamento della giustizia sportiva. Sampdoria e Reggina sono accomunate dalla stessa necessità: dover gestire la massa debitoria pregressa per evitare il crac. Le differenzia un piccolo, grande particolare: i blucerchiati, ormai da due anni e mezzo in mano a un trust per le note vicende giudiziarie di Massimo Ferrero, sono ancora in cerca di un salvatore; gli amaranto hanno già cambiato proprietà, dopo l’arresto di Luca Gallo e il subentro di Felice Saladini nel giugno 2022. Per mettere in sicurezza i conti, la nuova governance della Reggina, nel frattempo qualificatasi per i playoff, ha sottoposto al vaglio del Tribunale fallimentare di Reggio Calabria un piano economico-finanziario teso all’omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti. Cosa dice questo piano? Sport&Business è in grado di rivelarlo nei dettagli.
Il piano, innanzitutto, offre un quadro previsionale sul conto economico e sul flusso di cassa della Reggina per gli esercizi 2022-23 e 2023-24, basandosi sulla permanenza in Serie B, e descrive tutte le azioni da mettere in campo per il risanamento della società. C’è una gestione da riequilibrare. Impresa per nulla facile, considerato che nelle ultime tre stagioni il club calabrese ha accumulato ben 30 milioni di perdite (9,4 milioni nel 2019-20; 11,4 milioni nel 2020-21; 9,3 milioni nel 2021-22). E c’è un flusso di cassa da alimentare. Lo snodo principale è rappresentato dallo stralcio del debito tributario e previdenziale, che al 31 dicembre 2022 ammontava a 15,5 milioni e rappresentava la voce preponderante della massa debitoria complessiva, eredità della precedente gestione. Dei 22,1 milioni di debiti rilevanti al 31 dicembre 2022, 15,5 erano appunto relativi alle pendenze fiscali e contributive, 2,3 a debiti verso i dipendenti, 3,1 a debiti verso i fornitori, 0,7 al fondo per l’incentivo all’esodo e 0,5 a debiti vari.
Il piano di ristrutturazione prevede un accollo del 5% dei 15,5 milioni dovuti a Fisco, enti previdenziali e Inail: quindi meno di 800mila euro. Complessivamente la Reggina pagherebbe 7,1 milioni di debiti pregressi, in tal modo ristrutturati rispetto agli iniziali 22,1. Lo stralcio del 95% di quei 15,5 milioni, in particolare, avrebbe un effetto benefico importante a conto economico, con l’emersione di una sopravvenienza attiva di 14,7 milioni che consentirebbe alla Reggina di chiudere il bilancio al 30 giugno 2023 in utile per 4,9 milioni. Peraltro, il piano prevede una serie di azioni da parte del management per migliorare sensibilmente la dinamica costi-ricavi. Sia in questa stagione sia nella prossima, i proventi da sponsorizzazioni sono dati in netto aumento: dagli 1,6 milioni del 2021-22 a quota 6 milioni. Per il 2023-24 viene messa in preventivo la cessione di un giocatore che “ha ottenuto diverse richieste di squadre di Serie B e Serie A”, con un prezzo ipotizzato di 2 milioni. L’impegno maggiore è rivolto alla riduzione degli stipendi, con un risparmio quantificato in 4,8 milioni. In questo modo l’esercizio al 30 giugno 2024 sarebbe in equilibrio strutturale (800mila euro di profitti), al netto della maxi-sopravvenienza prevista per il 2022-23.
Si sa già che altri club di Serie B hanno contestato il piano di rientro presentato dalla Reggina invocando una parità di trattamento sui parametri economico-finanziari da rispettare per partecipare alle competizioni, evidenziando l’aumento delle spese durante la nuova gestione e sollevando dubbi su alcune poste di bilancio, in particolare sui crediti vantati dagli amaranto (martedì è in programma l’aggiornamento dell’assemblea di Lega). Tuttavia Matteo del Sette, il professionista indipendente che ha redatto la relazione accompagnatoria, sottolinea come il piano sia “funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori tributari e contributivi rispetto a una ipotesi di liquidazione giudiziale”. Questo perché, in caso di fallimento del club, l’attivo a disposizione potrebbe soddisfare solo limitate categorie di creditori privilegiati. Partendo dai 22,1 milioni di debiti al 31 dicembre, con la liquidazione giudiziale la Reggina pagherebbe 4,4 milioni contro i 7,1 previsti dall’accordo di ristrutturazione. E c’è un altro fattore da prendere in considerazione, forse il più importante anche dal punto di vista “politico”. Il nuovo patron Saladini si è impegnato a versare, sotto forma di equity, 7 milioni nell’arco di due stagioni (2,5 milioni entro giugno, 4,5 milioni nel 2023-24). Risorse che assicurerebbero la continuità aziendale della Reggina. Risorse che, giocoforza, l’imprenditore non investirebbe se non venisse approvato un piano di abbattimento del debito pregresso, semplicemente perché salterebbero tutte le previsioni di sostenibilità del progetto calcistico. Nella relazione del professionista indipendente si riporta la catena di controllo della Reggina: socio di maggioranza (al 90%) è Enjoy, il cui impegno finanziario è garantito dalla controllante FS 84, società con capitale di 1 milione e un attivo di oltre 6,7 milioni costituito in prevalenza da immobilizzazioni finanziarie, di cui il peso maggiore è rappresentato dal 57% della società MeglioQuesto, quotata in Borsa e che capitalizza circa 75 milioni”.