“È il più giovane ma parla come un vecchio saggio. Roberto De Zerbi, 37 anni, il babyallenatore di questa Serie A, prova a farti immaginare il Palermo che verrà, perché ancora si sente lontano dalla creatura che il 5 settembre gli è stata consegnata dal presidente Maurizio Zamparini. La sua rivoluzione è appena cominciata, non ha potuto penetrare a fondo le menti di Diamanti e compagni. Il tecnico bresciano incarta il bottino conquistato nella sua gestione – un successo e due pareggi, oltre alle sconfitte contro Napoli e Juventus – e attende ben altri frutti. «Siamo ancora distanti dal mio calcio – dice De Zerbi, due stagioni e pochi mesi nel calcio professionistico, alla guida del Foggia, prima di questa avventura nel club rosanero –, ho bisogno di tempo. Sono l’ultimo arrivato in A, rispetto gli avversari ma pretendo che la mia squadra abbia la mentalità per fare sempre la partita. I giocatori si applicano e mi seguono. Ancora, manca il coraggio che gradualmente porterà alla trasformazione del Palermo». Eppure Zamparini è entusiasta: già vede il marchio De Zerbi sulla squadra. «Con il presidente ho instaurato un bel rapporto, restando me stesso, perché non riesco a mettermi una maschera per apparire in modo diverso. Capisce di calcio, è competente, parliamo due, tre volte a settimana, mai alla fine delle partite. Sono giovane, ascolto tutti, ho bisogno soprattutto dei consigli di chi mi sta vicino e può aiutarmi, appunto come Zamparini. Lui mi ha voluto, con il d.s. Faggiano e il consulente Gianni Di Marzio. Il presidente mai ha fatto pressioni sulle mie scelte. Già mi conosce bene, sa che alla fine decido io». Ci pensa che, tra qualche mese, potrebbe trovarsi a trattare con i cinesi? «Oggi c’è Zamparini e la sua struttura: io sto benissimo. Il presidente saprà valutare gli affari societari». Quanto ha dovuto adattare il suo calcio a questo Palermo? «Non mi vincolo a un modulo, perché un allenatore deve avere l’intelligenza di adeguarsi alle caratteristiche dei giocatori. A Foggia facevo il 433. A Palermo ho puntato sulla difesa a tre, non per arroccarci ma per esaltare la qualità in fase offensiva degli esterni Rispoli e Aleesami. Ma non ho cambiato i princìpi dell’organizzazione tattica». Nella sfida più difficile, contro la Juve, si è intravisto il suo progetto di gioco. Quali sono le idee alla base del suo sistema? «Parto dal presupposto che il calcio per i bambini è solo un divertimento. Sembra un paradosso, ma vorrei che si cercasse il divertimento anche nel calcio ai massimi livelli professionistici. Nel Foggia come ora nel Palermo, per me sono fondamentali la voglia di giocare, di proporsi. Al Palermo servono il coraggio e la consapevolezza che è più facile arrivare al risultato attraverso l’organizzazione. Anche contro la Juventus, ho voluto che i ragazzi tentassero la giocata da dietro, impostando la manovra dalla difesa». De Zerbi, pensava di sbarcare in A a 37 anni, quando tre stagioni fa allenava in Serie D il Darfo Boario? «Iniziando la carriera di tecnico non mi sono posto traguardi e paletti, pur essendo molto ambizioso. Mi è servito, ecco me, essere stato calciatore; so quello che i giocatori si aspettano dal tecnico. Possono anche darmi del tu ma non potrò essere mai loro amico. Ammiro tantissimo Conte, che ha cominciato ad allenare più o meno alla mia stessa età, Montella e Paulo Sousa, capaci di mettere la loro impronta sul gioco. A me è scattata la molla negli ultimi anni da calciatore…». In che senso? «Avevo 32 anni, giocavo in Romania nel Cluj e non vedevo l’ora di rientrare in Italia, per pensare al mio futuro in panchina. La svolta decisiva arrivò grazie a Stefano Baldini e Michele Cavalli, prima al Milan e ora alla Juventus responsabili della metodologia nel settore giovanile. Quanti confronti con loro, quante indicazioni mi hanno dato, fondamentali per cominciare a “pensare” da allenatore». Come mai, ad agosto, si è registrata la clamorosa rottura con il Foggia? «Al netto dei miei errori tecnici, ho sbagliato a fidarmi di persone sbagliate. Solo io e i dirigenti sappiamo la verità. E nessuno potrà cancellare il mio amore verso squadra e tifosi». Sin dove spingerà il Palermo? «Viviamo gara dopo gara, anch’io devo scoprire tempi e margini di crescita del gruppo. Chi mi può dire quando i giocatori avranno velocità di pensiero e di gambe per esprimere il calcio che vorrei? Intanto, sono orgoglioso di allenare ragazzi fantastici, curiosi e ansiosi di apprendere. Su tutti, Diamanti è un modello: ha l’entusiasmo di un bambino e la saggezza di un giocatore di caratura internazionale. Per me, è un piacere allenarlo! Come lui, Gazzi e Vitiello sono altri leader». Nestorovski sarà il prossimo affare di mercato per Zamparini? «Il presidente lo ha accostato, a giusta ragione, a Pippo Inzaghi. È veloce, ha il fiuto del gol, “sente” l’area di rigore. Ha grandi prospettive. Magari gli farò avere qualche dvd sulla carriera di SuperPippo, così Nestorovski studierà per migliorarsi. Mi aspetto risultati notevoli pure da Posavec, Goldaniga, Aleesami, Gonzalez, Sallai, Balogh, Chochev, Embalo, Bentivegna, Lofaso. E quando riavrò Traikovski e Quaison, magari vedrete un altro Palermo». Ha preso casa a Mondello. Come vive il rapporto con tifosi passionali come i palermitani? «Non riesco a godermi la città, tanto sono preso dal lavoro. Poche volte vado a mangiare fuori. Anche perché, se la squadra si allena bene, sono già sazio di felicità: per sopravvivere, mi basta un pacchetto di sigarette. I tifosi mi fermano per strada e mi parlano dei loro sogni. Li vorrei più vicini ai giocatori, che non sono scarsi e destinati alla retrocessione, come sono dipinti sin dal precampionato. Il Palermo merita affetto, sapremo ripagare…».”. Questa l’intervista integrale a Roberto De Zerbi ai microfoni de “La Gazzetta dello Sport”.