“Dei «mariuoli», da cui, prima che prendere le distanze, dà l’impressione di volersi tenere alla larga, parliamo a parte. Qui, ha spazio quel che avanza (poco? tanto?) dall’inchiesta di Napoli, «cioè il calcio sano dei 23 milioni di tifosi, o delle 700mila partite l’anno in cui, salvo rarissimi casi, non più dello 0,5%, non accade nulla di negativo o disdicevole. Perché — rivendica Carlo Tavecchio — non parliamo mai di questo?». Oppure, ça va sans dire, «di questa Figc che non ha votato Blatter, che ha regolamentato l’utilizzo degli stranieri, che ha inasprito i criteri di iscrizione e alzato i paletti da rispettare in tema di equilibrio finanziario, con norme e paletti senza precedenti, che, in sostanza, ha dimostrato di voler cambiare il sistema?». ALLARGARE Ecco, pur volendo dar retta al calcio delle migliori intenzioni, o « delle persone perbene», come lo definisce ottimisticamente il presidente federale, prima o poi si inciampa in un insulto, omofobo o razzista, nella migliore delle ipotesi in una volgarità. Le nostre partite ne sono piene, più che all’estero. Oppure, quando si prova davvero a cambiare il sistema, ci si scontra fatalmente con le resistenze corporative delle leghe. Dal «frocio» di Sarri, il tecnico della squadra capolista, allo «zingaro» di De Rossi, uno dei leader della nostra Nazionale, nel giro di pochi giorni il calcio italiano ha dato nuovamente il peggio di sé, senza che il presidente federale sentisse il bisogno di intervenire. Ora Tavecchio ammette: «Ogni giorno ormai accade qualcosa che fa cattiva pubblicità al calcio, basta pescare a caso dal mazzo», riflette amaramente il numero uno federale. Che, oltretutto, molto spesso resta impunito, come nel caso dell’insulto razzista di De Rossi, fuori dalle competenze della prova tv. Qui l’impegno di Tavecchio è senza se e senza ma: «Sicuramente durante l’estate si rivisiterà l’istituto della prova tv, anche alla luce di queste nuove esperienze, al fine di dare garanzia ai soggetti giudicanti di valutare in maniera corretta le situazioni. Il mio impegno è di portarlo in questa direzione». ANTICIPARE Chissà se saranno tutti d’accordo, i componenti del Consiglio federale. Ieri Tavecchio ha provato a scuoterli anche su un altro tema caldo, la data della finale di Coppa Italia, fissata al 21 maggio, che ha fatto imbestialire il c.t. Antonio Conte, assumendo un valore simbolico, di come cioè la buona volontà di chi prova a tutelare il bene comune (in questo caso la Figc) finisca quasi sempre sconfitta dagli interessi particolari (delle società). «Ho chiesto ai rappresentanti della Lega di A (Beretta, Lotito e Pozzo, ndr) di ripensare la data della finale, nel rispetto dell’evolversi della competizione, per consentire alla Nazionale di radunarsi quando era stato indicato in precedenza (il 16 maggio, ndr). Non so chi vincerà e chi perderà — ha specificato il numero uno di via Allegri — ma se ci fosse la comprensione di anticipare credo possa essere di aiuto al commissario tecnico Conte». Li avrà commossi? Poco, è l’impressione”. Questo quanto si legge sull’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport”.