“«Papà era umile, ma molto determinato. Proprio come il Cittadella». Andrea Gabrielli riassume così il miracolo dell’unica squadra che, tra A e B, ha vinto tutte le 5 partite. Lo fa ricordando la figura di suo padre Angelo, scomparso nel 2009, che qui ha una via intitolata, proprio quella che conduce allo stadio Tombolato. Andrea ha ereditato il timone del club (e dell’azienda siderurgica, quasi un miliardo di fatturato) dal padre e dal fratello Piergiorgio. «Ma la guida è sempre lui e noi seguiamo il suo esempio», dice Stefano Marchetti il d.g. al quale i Gabrielli hanno affidato chiavi in mano la squadra che fa sognare una bella città d’arte accerchiata dalle splendide mura, di 20 mila abitanti a guida leghista. Dove il rispetto delle regole è tutto. E la specialità è solo la torta polenta.
IN NOME DEL PADRE Insomma, l’Arcangelo Gabrielli veglia sul Cittadella e lo dimostra la gigantografia che si incrocia nel passaggio tra spogliatoi e campo, aperto a tutti durante gli allenamenti del bravo Roberto Venturato che col suo 4-3-1-2 composto da calciatori semisconosciuti al grande pubblico tremare la Serie B fa. «Amiamo il Cittadella e onoriamo il calcio», era il motto del patron. Così si va avanti. Di Serie A non si parla, solo salvezza. «Ma se capita… Non ci tiriamo indietro», racconta Andrea Gabrielli, uno zero social che non ama concedere interviste e lavora sodo guidando i 1.300 dipendenti di un’azienda che anche nei periodi di crisi (2009-10) non ha licenziato nessuno. «Non cerco pubblicità, ma capisco il momento, siamo in testa, è giusto che arriviate qui. Gli ingredienti ci sono, la squadra è fatta per salvarsi, ma Marchetti è bravo. Ha preso da papà che capiva le situazioni e le persone e sapeva gestirle». Gabrielli ai dipendenti fa lo sconto sull’abbonamento. Il Cittadella è vicino al record di 1.718 tesserati. Ieri era a quota 1.690 e la campagna chiude domani, prima della sfida col Brescia. Il pres segue sempre la squadra, con la famiglia: «Siamo nati juventini, ma ora pensiamo a questa bella realtà del NordEst. Non ho modelli e non mi piace essere accomunato a qualcuno, ma apprezzo il lavoro del Chievo e di Campedelli. Anche lì c’è un’impronta familiare». Gabrielli apre alla collaborazione: «Se mi fa un buon prezzo un po’ di pandori per Natale glieli prendo».
IN STRADA La città vive con entusiasmo e discrezione il boom del Cittadella. I calciatori si mischiano alla gente senza snobismo. Il capitano Iori, tornato all’ovile, usa la bici, come Magnanelli a Sassuolo. «Quante volte ci siamo affrontati, lui è potuto restare nello stesso club, io ci sono tornato per vincere la Lega Pro e resterò a vivere qui». La gente segue e beve lo Spritz con i giocatori all’Autostazione, il bar di tendenza. Il sindaco, Luca Pierobon, discepolo di Massimo Bitonci, primo cittadino modello sceriffo, ora numero uno a Padova, è tifoso. «Non mi perdo una partita». La città l’ha blindata: «Devi farlo se vuoi assicurare ai cittadini la certezza di vivere tranquilli a qualsiasi ora». Qui è bandito l’accattonaggio: «Perché quelli che lo fanno non sono poveri». A Cittadella non si bivacca in centro con la bottiglia in mano: «Dovevamo mettere una stretta, qui i bar sono cresciuti e il sabato mattina sarebbe un immondezzaio». Le unioni civili non sono il suo forte, i profughi nemmeno: «Praticamente non ne abbiamo, qui si viene per lavorare. Chi arriva capisce che deve stare attento a delinquere, ci sono telecamere e controlli. Io ora non ho case popolari, ma se le ottengo le do prima ai miei cittadini». Eletto al primo turno col 58% in primavera, per lo sport si sbatte: «Abbiamo aiutato la società con 350 mila euro per coprire la tribuna Est, e se dovesse succedere qualcosa di straordinario, siamo pronti a piazzare la tribuna sud e portare l’impianto a 10 mila posti».
SQUADRA Al campo l’atmosfera è da squadra del paese. Con i vecchi dirigenti lì a scherzare, le grigliate all’interno, un clima molto contiano dove il noi prevale sempre sull’io. Gli ingaggi non sono alti. «Ma qui lo stipendio arriva a volte anche qualche giorno prima e non è poco», confessa il capitano Iori. Che spiega il successo: «Raccogliamo i frutti del lavoro iniziato un anno fa. Ci conosciamo bene e si è creato qualcosa di bello. C’è gente forte, come Pascali, Scaglia, Chiaretti». Il trequartista brasiliano di Belo Horizonte, riesumato da Marchetti e scoperto da Zeman che ieri ha festeggiato i 29 anni. «Qui tutti ti aiutano». Pascali, arrivato dopo sette anni di Scozia al Kilmarnock, conferma: «Qui ti mettono tutti nelle condizioni di far bene». Il pilota è il d.g. Marchetti che, nonostante piaccia a tanti club, da qui difficilmente si muoverà. In ufficio fa calare uno schermo: «Ne vedo di partite, eh». Ha portato qui Gabbiadini e Baselli, Meggiorini e Cherubin. Scova talenti a costo zero o quasi. Come Litteri o Strizzolo, le punte che entusiasmano, il portiere Alfonso (allenato dalla bandiera Pierobon) e il folletto Chiaretti. «Mi piace rilanciare giocatori delusi e cerco solo uomini, con valori. La base è questa. Il gruppo va tutelato al 100%. Ma qui vi assicuro che c’è sostanza». Il gruppo lo abbraccia. Pensate che in casa non si va mai in ritiro. «Ma poi festeggiamo noi. L’importante è dimenticarci subito di ogni vittoria e ripartire», dice Iori. L’Arcangelo Gabrielli da lassù applaude”. Questo ciò che si legge sull’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport”.