“Atto secondo, intreccio perfetto, beffa consumata. Tanti si aspettavano il trionfo di Diego Simeone nello stadio dov’è stato di casa, ma c’era qualcosa che non quadrava, fin dall’inizio. Segnali che forse uno superstizioso come lui ha percepito subito. Tanto per cominciare, hanno messo i suoi tifosi dalla parte sbagliata: la curva dell’Inter tutta bianca per il Real, i tifosi dell’Atletico Madrid in curva sud, casa Milan, quel Milan che è stato eliminato proprio dall’Atletico agli ottavi nella sua ultima partecipazione alla Champions. Correva la stagione 20132014 e il Cholo l’avrebbe conclusa in finale, perdendola. Ad attenderlo il Real di Ancelotti con Zidane, il vice promosso poi fra molti dubbi eppure capace di riportare a Madrid la coppa due anni dopo la Decima e di fare centro al primo tentativo. E il Cholo, che non vedeva l’ora di vendicare la sconfitta di Lisbona per non sentire più la fitta al cuore di quel gol di Sergio Ramos arrivato al 48’ del secondo tempo, dovrà aspettare ancora. Zidane, accolto con scetticismo e incollato alla panchina soltanto dopo la vittoria nel Clasico al Camp Nou, entra nel club ristretto di chi ha vinto da giocatore e poi da allenatore. Ed è il primo tecnico francese campione d’Europa. Gli artisti del Real hanno avuto la meglio sui soldati, ma quanta fatica. E Simeone se ne va con l’orgoglio intatto e gli occhi lucidi. «È tempo di pensare». Pensare vuol dire forse non restare? «Perdere finali è un fallimento, devo riflettere. Ai tifosi dico che continueremo a lavorare per dare il premio che non siamo riusciti a dare questa volta». STILI Quando ha visto Ramos segnare, Simeone ha ritrovato la sua ossessione, il gol del pareggio che permise due anni fa ai blancos di arrivare ai supplementari, ha vacillato, ma è rimasto in piedi. Zidane ha continuato ad allargare le braccia come se volesse volare, mentre probabilmente voleva solo suggerire ai suoi di dare ampiezza al gioco, colpire, matare. Simeone è rimasto sempre lì, con la punta lucida delle scarpe quasi in campo, aggressivo e agitato fino alla fine, secondo lo stile suo e dell’Atletico. Citazione dal Padrino: «Go to the mattresses», andare ai materassi, letteralmente, nel senso di far la guerra a un altro clan. E figurarsi se non sa andare ai materassi lui, il re dei colchoneros, ovvero materassai. Sui materassi il Cholo lotta, non dorme, mentre Zizou ogni tanto sembra appisolarsi nel suo angolo. È sempre fuori dall’area tecnica, ma non salta, non sbraita, non entra quasi in campo come fa invece l’argentino, che stando in panchina fa più chilometri di qualche giocatore del Real. È il suo stile, è il cholismo, lo stile che a MIlano, zona Inter, non vedono l’ora di abbracciare. Invece i sorteggi Uefa hanno dato a Simeone lo spogliatoio sbagliato oltre che la curva sbagliata. Gli è toccato cambiarsi in quello del Milan, forse è stato un pensiero gentile per impedirgli di confondersi restando a Milano dopo la partita. Ma no, Simeone non farà come Mourinho, non lascerà i suoi dopo una finale di Champions, e non soltanto perché la coppa non è arrivata: in Spagna sembravano tutti convinti che fosse inamovibile, eppure adesso sembra che qualcosa si sia rotto. «Una sconfitta come questa è amara, ma sono orgoglioso dei miei uomini. Abbiamo fatto un grande torneo, abbiamo eliminato Bayern e Barcellona, siamo rimasti in partita pareggiando. Lo sforzo è stato davvero tremendo, però ho un gruppo di giocatori forti», ripete Simeone. Occhi lucidi, spirito intatto. «Questo è il destino. Stavolta non era dalla nostra parte». DESTINI Perché era dalla parte di Zidane, che conferma la sua fama di predestinato dando respiro a Florentino Perez, tanto criticato per il licenziamento di Ancelotti e l’ingaggio di Benitez. E alla fine è arrivata l’undicesima, e guarda caso a predirlo era stato in qualche modo il nemico passato di Zizou, Materazzi. «Se il Real si libera di Benitez arriva in finale». Diciamo che Materazzi detesta Benitez più di Zizou, ma alla fine è stato buon profeta. I ricchi del Real, pieni di titoli nobiliari, portano a casa la seconda coppa in tre anni. I divi della Catalogna sono avvisati: Florentino sa trovare generali fortunati, che a volte come diceva Napoleone, sono più utili di quelli bravi. Prima della finale Zizou diceva di avere «buone sensazioni». Nella porta sotto la curva sud da juventino ha segnato su rigore in una serata storica per il punteggio (61 al Milan) e un altro gol con un tiro splendido da venti metri in un meno memorabile pareggio con l’Inter, in un non molto memorabile periodo della Juve. In quella porta la partita sembrava quasi risolta dopo l’errore di Griezmann. Sembrava. E dopo centoventi minuti ecco il trasferimento dall’altro lato, sotto il muro bianco e viola, sotto quella curva che tante volte ha applaudito il suo rivale guerriero, il palo di Juanfran, l’apoteosi. «Sono molto orgoglioso di tutti i miei ragazzi, orgoglioso dei nostri tifosi. Sono contento, contento, contento. Vincere da giocatore è straordinario, farlo da allenatore ancora di più». I predestinati nascono nelle sere così. «Ho avuto una visione. Ho detto a Zizou di lasciarmi il quinto rigore perché ero sicuro di segnare. E così è andata». In questa frase di Cristiano Ronaldo c’è l’essenza del Madrid: sicuro di sé fino alla spocchia. Rimontato e morto fisicamente ma ancora capace di vincere. «I rigori sono sempre una lotteria ma abbiamo dimostrato che la nostra squadra ha più esperienza e freddezza – ha aggiunto Ronaldo – abbiamo segnato tutti e cinque i rigori. È stata una serata incredibile, fantastica. Eravamo fisicamente al limite: siamo a fine stagione, la gente non è più in forma, c’è grande stanchezza. Ora dobbiamo riposare e prepararci per fare un grande Europeo». Il portoghese ha vinto la sua terza Champions e per il quarto anno consecutivo ha chiuso come «pichichi» della competizione”. Questo quanto si legge sull’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport”.