“La Gazzetta dello Sport” di oggi analizza una dura inchiesta nei confronti di due club, uno di B e uno di C, che qualche anno fa avrebbero commesso alcuni gravi reati: “Un altro 5 maggio, un altro appuntamento con la storia, in questo caso con la s minuscola.Non ci sono eroi né epiche da raccontare, ma l’ennesimo presunto scandalo consumato nel sottobosco del calcio italiano, al riparo dai riflettori dei media, ma non dalle attenzioni della magistratura.
I FATTI L’accusa è pesantissima, illecito sportivo. Le responsabilità per Catanzaro e Avellino, dirette. L’incubo,la retrocessione. La storia nasce il 5 maggio 2013, penultima giornata del campionato di Lega Pro (girone B). L’Avellino vince 1-0 a Catanzaro e con una giornata di anticipo conquista la promozione in B. Anche i calabresi, nonostante la sconfitta, sono salvi. Tutti contenti? No. La Procura di Palmi da mesi è impegnata nell’operazione Money Gate, indagine con al centro Giuseppe Cosentino, titolare della Gicos Import Export srl e allora presidente del Catanzaro Calcio (oggi nelle mani ben più solide dei Noto), indagato per riciclaggio, trasferimento fraudolento di valori, appropriazione indebita, associazione per delinquere transnazionale e frode fiscale. In alcune intercettazioni (tutte successive alla gara) tra Cosentino, il suo direttore sportivo Armando Ortoli, la moglie Francesca Muscatelli e la figlia Ambra, il presidente del Catanzaro fa intendere, anche in modo pittoresco, che l’Avellino non doveva vincere, perché i massimi dirigenti delle due società si sarebbero accordati per un pareggio. Accordo che — secondo l’accusa — gli irpini decidono di non rispettare, perché nel frattempo il Perugia, diretta concorrente per la promozione, vince la sua partita 3-0 e, quindi, un punto non basta più. Basta e avanza, invece, per aprire un’indagine sportiva. La Procura federale acquisisce gli atti dai magistrati calabresi e all’inizio di ottobre chiude l’indagine. Ieri, Pecoraro ha emesso i deferimenti. Cosentino, Ortoli, il presidente dell’Avellino Walter Taccone, il d.s. irpino Vincenzo De Vito, il calciatore all’epoca del Catanzaro Andrea Russotto (che sullo 0-0 si mangia due gol) dovranno risponderedi illecito sportivo. La signora Muscatelli, la figlia Ambra e l’allora a.d. calabrese Marco Pecora di omessa denuncia. Catanzaro e Avellino, ovviamente, di responsabilità diretta e oggettiva.
E INOLTRE… Cosentino, Pecora e il Catanzaro dovranno rispondere anche della risoluzione del contratto con cui, di lì a poco, liquidarono il tecnico Francesco Cozza: 119 mila euro in nero per lasciarsi da amici, sostiene l’accusa“.