L’edizione online de “La Gazzetta dello Sport” si sofferma sui piani del City Group
Il Palermo è entrato ufficialmente nella galassia del City Football Group. All’inizio della settimana è stato tolto il velo a un’operazione epocale per tutto il calcio italiano: lo sbarco dello sceicco Mansour, colui che, assieme ad Al Thani, ha stravolto le gerarchie del football europeo degli anni Duemila.
L’imprenditore di Abu Dhabi, a differenza del qatariota col Psg, non si è fermato a Manchester e ha creato dal 2013 una rete composta ora da 12 club sparsi in tutto il mondo: da New York a Melbourne, da Montevideo a Yokohama, da Girona a Mumbai. L’azionista di maggioranza è, appunto, Mansour bin Zayed Al Nahyan attraverso il veicolo personale Newton Investment and Development, con le partecipazioni significative del fondo statunitense Silver Lake (12%) e del consorzio cinese guidato da China Media Capital (10%).
Le disponibilità, insomma, sono in teoria illimitate ma il City Football Group ha ragion d’essere perché mette al centro una programmazione sportiva e commerciale e sinergie intercontinentali. I soldi non si sprecano, si investono. Con una postilla: il Palermo non può essere considerato un satellite alla stregua delle altre squadre. La storia, la tradizione, il bacino d’utenza dicono altro. E ne sono perfettamente consapevoli i manager di Mansour.
La chiave sarà quella di sfruttare questo capitale di entusiasmo più efficacemente del passato: ai suoi massimi storici, il fatturato caratteristico rosanero non superava quota 50 milioni. “Rispetto il marchio, per cui non vedo un cambiamento del logo. Però quello che vogliamo è portare questo marchio ovunque, anche a New York. Useremo le nostre piattaforme per lavorare sul brand Palermo anche negli Usa”, la promessa di Soriano. Ci si rivolgerà, pertanto, alla numerosa comunità internazionale, frutto dei grandi flussi migratori. I siciliani iscritti all’Aire (l’Anagrafe degli italiani residenti all’estero) sono 750mila. Ma secondo l’associazione “Sicilia nel mondo” la platea ammonta a 7 milioni tra naturalizzati, oriundi e discendenti. Spiega Giovanni Palazzi, presidente di StageUp: “La valorizzazione del seguito internazionale sarebbe molto importante per il Palermo, anche perché il tessuto industriale della città non è paragonabile a quello di cui godono le grandi società del Nord. Si tenga conto anche del fatto che il cambiamento degli asset energetici del Paese, per via della guerra in Ucraina, porterà l’Italia a riscoprire la sua provenienza mediterranea e a dare centralità strategica a un territorio come quello siciliano. Se si considera la provenienza mediorientale della nuova proprietà, si comprendono bene le potenzialità di crescita del Palermo”.