Gazzetta dello Sport: “Affari, Riso abbonda: «Vi dico tutto da Tevez a Goldaniga…»”
“Basta cercare il suo nome tra portali e social network: «l’astro nascente»; «la mano destra di Galliani»; «devastante, alla Jorge Mendes»; «l’ex cameriere»; «dalla pastasciutta al caviale». Tante definizioni che non rispondono alla domanda: chi è Giuseppe Riso? Negli ultimi anni il mercato, ormai show quasi come il pallone, lo ha mostrato ovunque: dalle cene che contano agli incontri più o meno segreti negli hotel, lui c’è. Si muove svelto, scatta, anche quando parla muove le dita veloce, come un prestigiatore. Da figura di contorno si è elevato a protagonista: Gagliardini, Caldara, Quaison, Sportiello, Cristante, Gollini, Beghetto, la procura del Papu Gomez, in un gennaio moscio il grosso dei colpi li ha fatti lui, che ha l’età di un calciatore ancora in forma e su cui circolano mille storie. Lui accetta di raccontarcene qualcuna, a partire da quella di prima. Chi è Giuseppe Riso? «Un ragazzo che a 15 anni è arrivato a Milano da Reggio Calabria per giocare a pallone. Una seconda punta svelta, alla Di Natale, ma mi sono fermato al Saronno. Però intanto lavoravo, piegavo i menù in tipografia. Poi sono passato a caricare camion in un magazzino, e a fare lo spedizioniere, intanto ho iniziato a studiare economia e a vendere porte e finestre di fianco all’università, da lì sono passato a vendere televisori, poi a fare il postino, e infine il cameriere». Non ce lo dica: da Giannino. «No, a San Siro. Da Giannino era un cambio merci: avevo già dei ragazzi in procura, così facevo servizio qualche sera e poi li portavo lì senza pagare». Esperienze che le sono servite? «Tutte, con un denominatore comune: l’ambizione. Facevo il magazziniere, e volevo diventare il capo dei magazzinieri. A un certo punto dovevo entrare in Posta a titolo definitivo e ho detto no. Spesso mi chiedono come si fa a fare l’agente e rispondo: passione e forza. E sapere che tutto ha un prezzo e devi trascurare per forza qualcosa. Io lavoro 20 ore al giorno, non faccio solo l’agente ma mi occupo a 360° del calciatore e non ho spazio per altro». Il suo primo affare? «Caracciolo, il difensore, dal Pavia al Bari. All’epoca avevo tutte le carte in macchina, il bagagliaio era una sorta di ufficio, a volte i contratti li facevo firmare sul cofano…». Uno mancato per cui rosica? «Sportiello alla Fiorentina l’estate scorsa. Ma poi l’ho fatto a gennaio, quindi tutto torna». Veniamo al sodo: lei e Galliani. «Ero cameriere a San Siro, appunto. C’era l’ordine di non servire da bere durante la gara, viene una signora a chiedermi un drink e io dico di no. Arriva Lorenzo (Tonetti, storico titolare di Giannino che gestiva anche il servizio allo stadio, ndr) e si incazza, dice che non devo permettermi, una scenata. Ma intanto mi faceva l’occhiolino. Beh, quella signora era la segretaria di Galliani. Lorenzo mi portò a cena con loro e da lì è iniziato il rapporto». Ce lo racconti. «Stare accanto ad Adriano è come andare all’Università, ti insegna sempre qualcosa, nei momenti difficili gli ho chiesto consigli e lui mi ha dato quelli giusti. Abbiamo anche litigato, quando portai Cristante al Benfica per mesi non ci siamo parlati, poi alla fine il legame ha prevalso». Tutti si ricordano di voi a Manchester per chiudere lo scambio Tevez-Pato. Come andò? «Lo sapete come andò. Tutto fatto, a posto, poi nulla. Sarebbe stata un’operazione incredibile, avrebbe cambiato la storia recente del Milan. Ma con Galliani abbiamo anche dei segreti…». Su, ce ne dica uno. «Ok: lui aveva scelto Sarri per il Milan, poi la cosa si arenò. I retroscena di questi affari però non li racconterò mai». E’ vero che il mercato in Italia lo fanno gli agenti? «No. Ma gli agenti che lavorano con logica possono influire. Se lavori bene, ti ascoltano». Lei ha tanti giovani in procura e altri meno giovani che si affidano a lei: come li convince? «Prima dovevo convincerli che potevo aiutarli, un tweet sbagliato fa più danni di un’espulsione,e ho messo su una struttura che li segue: avvocato, social media manager, commercialista. Oggi sono loro a dover convincere me, sposare la mia mentalità. Combatto per loro, ci sono sempre, ma devono metterci la mia stessa ambizione». Tipo Gagliardini? Li vale i 28 milioni che ha pagato l’Inter? «Vale molto di più, come Caldara. È un ragazzo che ha passato momenti difficili, è cresciuto troppo in fretta. Ad agosto eravamo a pranzo e lui mi fa: “Giuseppe, ho la sensazione di essere in ritardo”. Guardate dov’è arrivato pochi mesi dopo. Aveva solo bisogno di fiducia». E Petagna? (sorride) «Quante me ne ha fatte. Ha il cuore d’oro, ma uscito dal Milan ha preso delle bastonate che l’hanno fatto diventare uomo e gli hanno dato una cattiveria mentale incredibile. E’ un centravanti unico in Europa, ha fisico e tecnica e non mi dica che non farà mai 20 gol: dicevano così anche di Ibra…». Gliene ha fatte tante, diceva. «E’ triestino, carattere e follia. Un giorno nelle giovanili del Milan litigò con una tutor, così andò a citofonare alla sede dell’Inter: “Sono Petagna, vorrei giocare da voi”. Sono corso a riprenderlo, rischiavamo l’incidente diplomatico. Ora chissà, magari sarà l’Inter che andrà a citofonare da lui (ride)» Altri colpi in canna? «Baselli e Goldaniga mentalmente sono pronti a tutto. Aspetto il boom definitivo di Sensi, Jankto, Capezzi, Cristante e Dimarco. E poi Pellegri, il ragazzo del Genoa che ha esordito a 15 anni: una punta di 1.90, una bestia, appena l’ho visto ho pensato che sarebbe stato il prossimo crack del calcio europeo». Com’è cambiato il mercato a Milano con i cinesi? «Hanno una mentalità diversa, non sono abituati alle dinamiche di qui. Già per gli europei le nostre sono particolari, da noi contano molto i rapporti e la fiducia. Ma portano capitali importanti, ben vengano»”. Questo quanto riportato da “La Gazzetta dello Sport”.