Gazzetta dello Sport: “«Addio calcio, io trattato da m…». Cardelli, baby Lazio: «Agli stranieri danno tutto, a noi italiani neanche la palestra»”

«Pensavo di mettere una foto su Facebook e di leggere solo i commenti dei miei amici, e invece…». E invece Filippo Cardelli è diventato il simbolo del drop­out: l’abbandono di un’attività. Che nel calcio dei giovani – lo dicono gli studi – vive di due fasi. La prima, tra i 14 e i 16 anni, l’età dei nuovi interessi e delle nuove scoperte; la seconda, dopo i 17, quando spesso (a livello professionistico) il passaggio tra Allievi e Primavera è la fine dell’illusione. Filippo, però, di anni ne ha 18, e da sabato avrebbe iniziato il suo primo campionato da titolare come difensore centrale della Primavera della Lazio: eppure, quattro giorni fa si è presentato a Formello, ha comunicato al suo allenatore Andrea Bonatti che non sarebbe stato più a disposizione, e lunedì ha salutato i compagni prima ancora di parlare con i genitori e spiegare i motivi della sua decisione. «Ai miei non l’ho detto, perché è stata una scelta completamente mia. Si sono arrabbiati, avrebbero voluto saperlo prima, ma parlando con loro magari mi avrebbero convinto a ripensarci».

SFOGO Filippo è andato dritto come un treno. Sotto quella foto c’era un post lungo 379 parole. In sintesi: «Non vedo che senso abbia giocare nella Lazio Primavera ed essere circondato da stranieri, e non solo, essere trattato pure come una merda, dopo tutti i sacrifici che ho fatto». Nello scorso novembre, Cardelli si è rotto il crociato in allenamento: sul lettino del fisioterapista, il cervello va a mille all’ora, pensa alla vita che è stata fino a quel giorno, e a quella che sarà al rientro in campo. Alla Lazio, intanto, sono arrivati nuovi giocatori: l’austriaco Dejan Sarac (che pochi giorni fa ha avuto lo stesso infortunio ed è stato seguito dal club, chissà che non sia stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso…), lo svizzero Edon Beqiri, il marocchino (con passaporto olandese) Amine Ennali, i guineani (con passaporto portoghese) Lamin Al Hassan e Madiu Bari, il croato Duje Javorcic, mentre il colpo di mercato degli ultimi giorni è il portiere lituano Marius Adamonis, preso per fare il fuoriquota. «Gli stranieri siamo diventati noi – spiega –. Se fanno la differenza, ok. Ma tanti potrebbero essere tranquillamente sostituiti dagli italiani. Il gruppo dei ‘98 della Lazio è stato smembrato. Qualcuno dice che sono razzista? Non è così, anzi, se dico questo è un razzismo al contrario. Il problema non sono i ragazzi: anche se qualcuno si comporta da fenomeno, hanno il mio stesso sogno, quindi li rispetto e li sostengo. Il problema sono i dirigenti e alcuni procuratori che fanno il male dei giocatori». A sentire le denunce di Cardelli, il problema sembrerebbe essere stato anche la differenza di trattamento tra i ragazzi sotto contratto (gli stranieri, per arrivare in Italia, devono firmarlo) e i «giovani di serie»: «Chi non ha il contratto non può mangiare nel ristorante di Formello, non può curarsi nelle strutture convenzionate, deve pagarsi le spese mediche dopo un intervento, com’è accaduto a me. Avevo chiesto di poter usufruire della palestra per potenziare il muscolo della gamba operata: mi è stato risposto che dovevo abbonar mi a un’altra struttura». Per la Lazio, «è un tema che riguarda l’intero mondo calcistico nazionale, anzi la Lazio è uno dei club dove c’è un numero di italiani più alto rispetto ad altri. È un fenomeno complessivo che va affrontato in maniera diversa e non sicuramente con una polemica di questo genere».

LA STORIA Quello al ginocchio non è stato il primo infortunio serio della carriera di Filippo, romano di Monte Mario (a due passi dallo stadio Olimpico), partito dai campi in terra del Don Orione e passato per la Lodigiani. A 14 anni, ha lasciato la famiglia e si è trasferito a Perugia, per giocare nei Giovanissimi Nazionali. Uno stiramento al flessore fu l’inizio della fine: «Facevo fatica a prendere l’autobus per andare a fare le terapie, e poi avevo nostalgia di casa». Perugia, e non Trigoria: alla Roma lo avevano scartato pochi mesi prima, dopo due anni giallorossi. Filippo era romanista come il papà, abbonato per 35 anni: smise di andare allo stadio e di amare quei colori. «Figlio mio, da oggi tifo solo per te». E contro quei ragazzi che gli avevano tolto il posto e il sogno, Cardelli si sarebbe vendicato nella finale del campionato regionale Allievi: Futbolclub (allenato dall’ex laziale Roberto Baronio) batte Roma 4­1, incredibile ma vero. Quell’impresa gli valse la chiamata della Lazio. Scuola o calcio? L’una toglierebbe tempo all’altra: «Ma ho avuto il privilegio di avere una famiglia che mi ha sempre obbligato ad andare a scuola. Tra pochi giorni inizierò il quinto anno di liceo scientifico, imparerò l’inglese, cosa che non ho mai potuto fare».

SOLIDARIETÀ Gli servirà: una borsa di studio gli permetterà nel 2017­18 di frequentare l’università di Kansas City. «Non sono stati sacrifici vani: le esperienze in settori giovanili così importanti mi hanno dato punti per la graduatoria». Gli sono servite anche le centinaia di messaggi arrivate in un giorno: ha dovuto cambiare telefono, l’altro si è fuso. «Non avessi avuto riscontri, avrei ammesso l’errore. Ma quando ci sono tanti ragazzi che mi dicono le stesse cose, capisco di aver detto la verità. Il calcio italiano è a un punto di non ritorno. Mi hanno scritto: “Complimenti, hai avuto il coraggio di dire quello che pensiamo, succede anche da noi”. Se non nasci con il talento di Donnarumma, non diventi nessuno». Uno su mille ce la fa: forse uno su qualcuno in più di mille“. Questo quanto riporta l’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport”.

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Redazione Ilovepalermocalcio