Gazzetta dello Sport: “Addio a Schillaci. Zeman: «Palla tra i piedi e sempre in campo. Così era felice»”

L’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport” si sofferma sulla scomparsa di Schillaci.

La magia di Totò Schillaci cominciò già prima delle “notti magiche” di Italia ’90, in quel campionato 1988-89, quando con 23 gol in Serie B si affermò come il principe della categoria. Il suo gioco, fatto di allunghi, dribbling e tocchi rapidi, era moderno, futuristico, e portava in sé le stimmate di un attaccante nato per essere un eroe. Zdenek Zeman, che lo allenò a Messina, vide in lui non solo un grande talento, ma un ragazzo dalla bontà straordinaria.

Schillaci aveva iniziato a brillare sotto la guida del “professore” Franco Scoglio, ma con l’arrivo di Zeman si trasformò nel giocatore da sogno che sarebbe stato presto esportato oltre lo Stretto. Fu proprio Vycpalek, osservatore della Juventus, a notare quel talento e a suggerire il suo acquisto, che avvenne per una cifra considerevole.

Zeman, nel ricordarlo, racconta di un giocatore che inseguiva la felicità attraverso il gol: «Per lui segnare era la massima espressione della sua felicità, e aveva un talento incredibile nel creare occasioni per vincere». E con quel talento, anche quando era infortunato, Schillaci voleva essere in campo a ogni costo. Zeman ricorda un episodio in cui Totò, con una caviglia gonfia, quasi lo implorò di farlo giocare, ma il mister dovette rifiutare, non volendo rischiare di rovinare altre partite future.

Schillaci non era solo un goleador implacabile, ma anche un ragazzo di grande umiltà. «Era un buono, un sempliciotto nei rapporti, felice se poteva avere il pallone tra i piedi». Per Zeman, la sua naturalezza nel segnare era disarmante: «Nelle situazioni più difficili, Totò sapeva esattamente cosa fare. Calciava in modo diabolico, con traiettorie imprevedibili, e la palla finiva sempre in rete».

Il legame tra Zeman e Schillaci era nato prima, quando Zeman lo affrontava nelle giovanili. «Mi faceva gol ogni volta, si vedeva subito che aveva qualcosa di speciale». La stagione 1988-89 fu quella della consacrazione, culminata con il titolo di capocannoniere della Serie B. Dalla Juventus ai Mondiali del 1990, passò un solo anno, ma in quel breve tempo Totò divenne l’idolo di una nazione. «Al Mondiale era travolgente. Schillaci sentiva che quello era il suo momento e non se lo lasciò scappare. Ogni pallone che toccava si trasformava in gol».

L’ultimo incontro tra Zeman e Schillaci avvenne in un aeroporto, un paio di anni fa. «Totò andava a Palermo, io partivo per una trasferta. Ci abbracciammo e scherzammo, parlando di andare in Cina. La vita, purtroppo, non è stata gentile con lui».

Schillaci è stato un campione autentico, un uomo di cuore e un simbolo che ha lasciato un’impronta indelebile nella storia del calcio e nei cuori di chi lo ha conosciuto.