L’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport” si sofferma sulla scomparsa di Vito Chimenti.
Con un solo gesto aveva anticipato i tempi, regalandosi l’immortalità sportiva. Virale è l’aggettivo che fotografa meglio quello che ha rappresentato la bicicletta di Vito Chimenti (morto ieri a 69 anni) per i ragazzini che sognavano di diventare calciatori a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta. Non c’erano i social, il web e i telefonini, eppure quel dribbling lunare era diventato virale grazie al passaparola: «Visto Chimenti? Imitiamolo».
Mica facile: dovevi far sparire il pallone stringendolo per un attimo tra le gambe, poi farlo ricomparire, disegnando un arcobaleno grazie a un secco colpo di tacco. Solo così il successo era assicurato, con il difensore scavalcato e beffato. Chimenti era il re della bicicletta (tanti campioni l’hanno copiata, compreso Neymar), i tifosi si spellavano le mani e lui sorrideva (sotto i baffi) sornione. E salutava, stretto nella maglietta che metteva in evidenza una pancia da ragioniere e non da bomber, qual era.
Ecco perché ieri la notizia del suo improvviso decesso ha risvegliato antichi ricordi e commosso l’Italia. E forse l’unica consolazione è come e dove ha perso la vita Chimenti: un probabile infarto lo ha stroncato mentre stava per farsi la doccia, dopo aver allenato i portieri del Pomarico (paese in provincia di Matera), squadra di Eccellenza lucana, prima della sfida contro il Real Senise (poi rinviata). La tragedia si è consumata sotto gli occhi dei giocatori che stavano per lasciare lo spogliatoio ed entrare in campo. Hanno subito chiamato i soccorsi, ma non è bastato l’intervento degli operatori del 118 e il tentativo a più riprese di rianimare l’ex attaccante.