Frosinone, Stirpe: «Abbiamo una squadra competitiva, servono solo un paio di ritocchi»

Durante la conferenza stampa tenuta dal presidente del Frosinone, Maurizio Stirpe, sono state delineate le linee guida per la prossima stagione. Stirpe ha iniziato riflettendo sulla dolorosa retrocessione e sugli infortuni che hanno influenzato la stagione passata. Ha sottolineato l’importanza di mantenere l’equilibrio economico-finanziario del club e di lavorare con pazienza, coesione, fiducia, umiltà e determinazione per costruire una squadra competitiva.

Ecco le sue parole:

«Ripartiremo in questo modo e rimarremo coerenti con la linea che stiamo per presentare oggi. Per comprendere dove si vuole arrivare bisogna sempre capire da dove si parte e noi partiamo da una vicenda molto dolorosa, non tanto per l’epilogo e per come è avvenuta. Il rammarico maggiore è che abbiamo posto in essere un lavoro importante per una squadra neopromossa e secondo me per piccoli dettagli e piccoli limiti non abbiamo fatto sì che quello che è stato un ottimo lavoro, e che ha portato a un rafforzamento economico-finanziario della società e a uno sviluppo del brand, non sia stato coronato con la salvezza. Quella sera richiamai la vicenda degli infortuni, secondo me rimane il momento cruciale della stagione e probabilmente se non li avessimo avuti avremmo potuto giocarci meglio alcune partite. Ho ringraziato lo staff tecnico e li ho ringraziati dopo il rompete le righe e ho lanciato un segnale: a Frosinone nessuno deve sentirsi prigioniero e deve rimanere solo chi vuole restare. E’ comprensibile che dopo una retrocessione del genere qualcuno non se la senta di andare avanti e di non proseguire un contratto stipulato quando le cose andavano meglio. Ho chiesto a tutti i miei collaboratori di riflettere perché so che la stagione che sta per iniziare non sarà una passeggiata di salute. La prima cosa sarà ritrovare l’equilibrio giusto e provare a non fare dei disastri. Le storie recenti di tante altre società dimostrano esattamente questo: se queste sconfitte non vengono metabolizzate con lo spirito giusto, non solo non diventano un trampolino di lancio per ripercorrere grandi cammini, ma diventano delle trappole che potrebbero determinare grandi preoccupazioni per il club. Per evitare questo è che chi rimane qui ci deve stare con la testa giusta, deve essere motivato dal solo fatto che c’è un grande lavoro da fare e che probabilmente riusciremo a costruire le sorti di una stagione soprattutto se sapremo mettere in campo la coesione, la pazienza perché ci saranno momenti difficili soprattutto all’inizio, la fiducia giusta perché la condizione preliminare è non lasciarsi prendere dallo scoramento e dall’ansia. C’è un’ansia eccessiva in questi giorni nel sapere chi sarà il nuovo allenatore e chi verrà. Non c’è nessuna fretta, le cose vanno fatte nel modo giusto e nei momenti giusti, avendo fiducia in chi lavora. Il fatto che io abbia voluto pianificare subito la conferenza all’indomani della sconfitta è perché sapevo benissimo che le prime due settimane c’è chi vuole sapere subito l’allenatore. Non siamo noi sbagliati, ma chi lo chiede. E’ assurdo provare ad abbreviare dei percorsi che non possono essere abbreviati. Di tutto abbiamo bisogno meno che di ansia, di gente che vuole fissare risultati. Ora dobbiamo solamente recuperare lo spirito giusto ed evitare di fare disastri. E abbiamo cinque strumenti per farlo: pazienza, coesione, fiducia, umiltà e determinazione. Frosinone non è una prigione, rimane solo chi ha la determinazione giusta. Tutti vogliono i nostri giocatori ma noi non abbiamo necessità di cedere nessuno. Noi, mai come quest’anno, siamo nella condizione di non dover vendere niente grazie al lavoro fatto da Angelozzi. Noi siamo consapevoli che aggiustando qualcosa possiamo avere una squadra subito competitiva. Ci sono state stagioni nelle quali partivamo con la maggior parte dei calciatori erano qui con lo spirito sbagliato e bisognava cambiarli, o addirittura non c’erano proprio i giocatori. Tutto questo si è riuscito a fare perché il lavoro degli ultimi 4 anni scarsi è stato fatto in modo tale da consentirci di ragionare con libertà su queste tematiche. Certamente il Frosinone non calerà la qualità né di quella che è la società, né dei suoi componenti, né dei calciatori. La mia intenzione, una volta recuperato lo spirito giusto e non aver fatto disastri, vedremo cosa saremo capaci di fare in campo. Non vogliamo smantellare, ma continuare a essere coerenti con un progetto che fa dell’equilibrio economico-finanziario la sua stella polare».

«Io rimango a fare il presidente della squadra, vi dico onestamente che tanti collaboratori sanno che se ci fossimo salvati non sarei stato più il presidente della squadra perché avrei ritenuto concluso il mio ciclo. Non essere presidenti non significa non essere proprietari della squadra. Sapete che il punto di arrivo è quando la società è quando inizia ad essere autosufficiente e non ha necessità delle cure del proprietario. Ci fossimo salvati probabilmente avremmo avuto le condizioni per realizzare questo progetto. Ciò non toglie che ci sono cambiamenti importanti nel CDA: entra Piero Doronzo e non ci sarà Salvatore Gualtieri. Lui è una persona che devo ringraziare. Sarebbe dovuto rimanere qui per due anni dal 2017, poi per un motivo o per un altro è rimasto 7 anni. Il suo incarico non era più compatibile con i suoi impegni professionali e abbiamo deciso di separarci ma lo devo solo ringraziare perché ha rappresentato alla grande la nostra società. Se fossimo restati in Serie A avrei proposto ad Angelozzi di fare il presidente, ma anche adesso ha le chiavi della società perché ho una fiducia incondizionata nei suoi confronti. Piero Doronzo prenderà il posto di Gualtieri e gestirà il marketing, la comunicazione e i rapporti istituzionali. Non proietto oggi l’organigramma definitivo perché dobbiamo riflettere ancora su tante cose, in primis nel settore medico».

«Io penso che la squadra competitiva già ci sia, bisogna fare solo 1 o 2 ritocchi. Poi se qualcuno non sta bene a Frosinone e vuole andare via sarà sostituito in modo adeguato. Siamo liberi di poter ragionare in questo modo perché per 4 anni abbiamo costruito quello che siamo ora. Frosinone non è che merita la Serie A, se sei bravo a saperla metabolizzare e saperla gestire, trovare quelle risorse che in altri posti ci sono e qui non ci sono, la passione è bella ma deve essere alimentata su elementi di concretezza. Il territorio della provincia di Frosinone deve crescere, non sono d’accordo che possiamo stare stabilmente in Serie A, possiamo farlo se aumenta la componente di solidarietà verso la squadra. Ci deve essere un movimento, che parte dagli imprenditori, per far crescere questo progetto».

«Non mi occupo più di mercato, ho lasciato tutto in mano ad Angelozzi. Lui riesce a trovare il vestito giusto da indossare. Non parlo del nuovo allenatore. Di Francesco? Mi ha chiamato il 13 giugno. Mi ha detto che ha voluto attendere qualche giorno prima di parlarci e ci ha ringraziato perché è stato bene. Ci siamo fatti gli auguri per il futuro. Non mi ha detto dove sarebbe andato e neanche noi abbiamo chiesto di rimanere. L’apertura l’aveva già data Angelozzi e non l’ha colta. Lo ringraziamo, con Eusebio ho imparato tante cose dal punto di vista del gioco. Secondo me è un maestro di calcio e merita altre soddisfazioni. Progetto? Può essere annuale, biennale, triennale, non si sa. Dipende da come ci arriveremo. Se recuperiamo lo spirito giusto nel più breve tempo possibile, se la coesione non viene meno tra l’ambiente e la squadra, se l’ansia non prende il sopravvento, probabilmente i tempi per tornare a essere competitivi si abbreviano».