Francesco Guidolin vent’anni fa guidava il Palermo in Serie A: «Senza l’infortunio di Amauri avremmo fatto cose straordinarie»

Francesco Guidolin, l’allenatore che vent’anni fa ha scritto una delle pagine più belle della storia del Palermo, ha rilasciato un’intervista a Massimo Norrito per Repubblica Palermo, ripercorrendo le emozioni di quella straordinaria stagione culminata con la qualificazione in Europa.
Dall’entusiasmo della promozione in Serie A al rapporto con Maurizio Zamparini, fino ai rimpianti e al legame ancora forte con la città, Guidolin racconta con passione e nostalgia la sua avventura in rosanero. Un viaggio tra aneddoti, successi e momenti indimenticabili, con uno sguardo anche sul Palermo di oggi e sul sogno di un ritorno nella massima serie.
Anche Foschi è un bel tipo con il quale ha lavorato.
«Anche per Rino nutro grande affetto. Ci sentiamo ancora. Gli anni non lo hanno scalfito. Ha una grande carica e vorrebbe rientrare. Mi ha sempre assecondato. Ha fatto una squadra di valore venendo incontro alle mie richieste. Un giorno gli dissi che serviva un centrale forte: prese Biava. Io non sapevo chi fosse e poi è stato uno dei migliori che abbia mai allenato. Uno dei migliori in Italia. Rino conosceva squadre e giocatori. Aveva la cultura del lavoro».
A Palermo ha avuto tanti giocatori forti. Faccia un nome.
«Non faccio un nome. Dico solo che in B eravamo i più forti e siamo arrivati primi e con loro sono arrivato primo anche io. Negli anni la rosa è stata rinforzata sempre».
Le resta un rimpianto?
«Sì, l’infortunio di Amauri. Avremmo fatto cose straordinarie. Era l’anno delle penalizzazioni, ma la penalizzazione più dura l’abbiamo avuta noi».
È vero che ai suoi giocatori regalava libri?
«È successo un Natale. Avevo l’idea di stimolarli».
Una volta negli spogliatoi si presentò con un mitra finto.
«Era la vigilia della gara di ritorno col West Ham. Volevo cattiveria agonistica. Nulla a che vedere con la violenza o la guerra. E, in effetti, funzionò. Vincemmo a Londra».
Lei girava con la guida turistica in mano a Santa Sofia a Istanbul, amava i silenzi, leggeva tanto. Un tecnico non comune. È per questo che non ha allenato una grande?
«Non credo. Le offerte le ho avute. Ho deciso io di rimanere a Udine. De Laurentiis provò due volte a portarmi a Napoli. Da giovane ero in rampa di lancio e avrei accettato l’offerta giusta: in ballo c’erano Inter e Lazio. Non avevo procuratore e pensavo bastasse fare risultati. Da 40enne ho sofferto. Da 50enne ho scelto io».