Foschi: «Quante litigate con Zamparini durante il calciomercato. Quando volevo portare Pato in rosanero…»

Tra ricordi, aneddoti e momenti di commozione, Foschi racconta i retroscena di alcune delle operazioni di mercato più iconiche della sua carriera e condivide episodi toccanti legati alla sua amicizia con Zamparini, il compianto presidente che ha segnato una delle epoche più felici del Palermo.

L’edizione odierna de La Repubblica Palermo ha realizzato una lunga intervista all’ex ds rosanero Rino Foschi.

Ecco qualche estratto:

Dei colpi a Palermo qual è quello che le rimane più impresso? «È una domanda difficilissima perché di colpi ne abbiamo fatti tanti. Ricordo i 5 campioni del mondo. Li abbiamo presi uno alla volta e prenderli è stato un macello. Ogni volta litigavo con Zamparini, che poi mi dava ragione. Quello che mi ha dato più soddisfazioni, non ci crederà, è stato Biava. In quel periodo non sbagliavamo un giocatore».

Questo non è vero. Le faccio un nome: Farias. «Ma Farias l’ha preso Zamparini. Io non ne sapevo niente e, anzi, mi sono opposto sino all’ultimo, nonostante chi lo gestiva mi avesse offerto un milione di euro da prendere sottobanco. Ricordo che giocavamo a Udine. Era l’inizio della stagione e Zamparini mi chiese di Farias. Gli risposi che avrebbe giocato il secondo tempo. Andò su tutte le furie, mi spintonò e mi disse: “Vai da Guidolin e digli che se Farias non gioca dal primo minuto, caccio lui e pure te”».

Le liti sui giocatori erano frequenti? «Sicuramente. Mi sfidava: “Amauri non lo venderai mai alla Juve”, e invece ci riuscì. Oppure una volta mi disse: “Questo Kjaer chi è?”».

Alla fine vinceva lei?
«Vincevo io perché sapevo quello di cui parlavo. Per primo ho avuto uno staff che ogni giorno mi relazionava sui giocatori di ogni parte del mondo. C’erano Corti, Faccenda e il brasiliano Dunga. Le faccio un esempio: eravamo indecisi se prendere Pato o Cavani. Per Pato volevano 23 milioni di euro e io questo Cavani non lo avevo mai visto. Però mi sono fidato di Dunga, che mi ha detto di puntare su di lui».

È vero che ha praticamente sequestrato l’uruguayano?
«È vero. Eravamo in albergo a Milano e nella hall c’erano diversi operatori di mercato che avevano puntato su Edy. Allora lo chiusi nella stanza e gli dissi: “Da qui non usciamo né io né tu se non firmi il contratto”. Dopo due giorni firmò».