Ferraù: «Fallimento Catania evitabile ma con fondi illimitati. Commesso errori ingenui»

L’edizione odierna de “La Sicilia” riporta la replica di Giovanni Ferraù alle parole di Antonio Pulvirenti in merito al Catania e alla Sigi. (CLICCA QUI per leggere le parole).

Per la prima volta, dopo l’uscita di scena di Sigi e il fallimento del Catania decretato dal Tribunale, l’Avv. Giovanni Ferraù, già presidente e oggi liquidatore di SIGI, ha raccontato le sue verità. L’uscita dal concordato in continuità è uno dei punti nodali di cui si è discusso animatamente.

«Quanto affermato da Pulvirenti è inesatto. La Lega Calcio non consentiva al Catania l’iscrizione al campionato 2020-21 se non avessimo rinunciato al concordato in continuità. Secondo la Lega, non c’era compatibilità tra una procedura di insolvenza e l’iscrizione. La rinuncia al concordato non è stata una scelta ma un obbligo».

Avete trovato un debito consistente della precedente stagione. «Il debito trovato, diversamente dall’importo di 50 mln indicato in data room al momento dell’acquisto, era di circa 58 mln imputabili interamente alle precedente gestione»,

Ma Torre del Grifo aveva un valore commerciale di 40 milioni. «Il valore commerciale “di realizzo” di Torre del Grifo oggi non supera i 20 milioni; considerando che esiste un mutuo fondiario con 28 mln di debito, non so a quale patrimoniale immobiliare attivo faccia riferimento Pulvirenti. Pur potendo contrattare una chiusura a “saldo e stralcio” con il Credito Sportivo non penso che possa ricavarsi un attivo dall’asset; quasi impossibile trovare un acquirente a questi prezzi».

Pulvirenti ha dichiarato: “Con Finaria il Catania non sarebbe scomparso”. «Premesso che nessuno può dimenticare quanto cose buone abbia fatto Pulvirenti negli anni d’oro del Catania, posso solo dire che quando è entrata la SIGI, Finaria era già fallita perché piena di debiti. La situazione del Calcio Catania nel 2020 poteva risolversi, considerando il periodo di COVID, solo con fondi illimitati o con un investitore molto importante. SIGI non è riuscita nell’impresa».

Avete, dunque, trovato qualche sorpresa inaspettata sui debiti. «Dal primo giorno di settembre 2020, venuto meno il Concordato, avevamo tutti i conti pignorati per debiti della precedente stagione. Anche il “conto” che ogni squadra detiene presso la Lega è stato soggetto a pignoramento più volte durante i 18 mesi e sempre per debiti pregressi. Quasi quotidianamente ricevevamo decreti ingiuntivi e pignoramenti».

Pulvirenti ha anche dichiarato: “Sulla fideiussione di Torre del Grifo non sostituita da SIGI dico che si tratta di un inadempimento molto grave e potrebbe portare a scenari ed a conseguenze inimmaginabili, gli avvocati sono già al lavoro”. «La circostanza è vera, ma non si tratta di un inadempimento. Abbiamo da subito interloquito con il Credito Sportivo, ottobre 2020, per la sostituzione della fideiussione, ma in considerazione della trattativa con Tacopina, dato che si era ipotizzata una chiusura tombale del debito, tale obbligo sarebbe venuto meno. In ogni caso, per tale questione e per la legittimità o meno di tale richiesta di sostituzione, secondo alcuni professionisti non dovuta, è in corso un giudizio civile».

Ancora Pulvirenti ha dichiarato: “Sigi? Fin dal 23 luglio, purtroppo, ero sicuro che la vicenda si sarebbe risolta così, considerando un piano industriale estremamente lacunoso e approssimativo. Speravo di sbagliarmi, purtroppo non mi sono sbagliato”. «Ha ragione Pulvirenti, non è stato presentato alcun piano industriale. Si è da subito pensato a “salvare la matricola”, reperire imprenditori con l’idea di pianificare il tutto a settembre, dopo l’iscrizione. Poi, con il Covid (incassi zero, sponsor dimezzati, chiusura di Torre del Grifo), il fallimento dell’azionariato popolare e l’attacco dei creditori (alcuni dei quali saldati da SIGI per cedere il Club a Tacopina) si è vissuti alla giornata. Forse il più grande errore è stato quello di persistere pur consapevoli delle mille difficoltà, ma avendo la trattativa in corso con Tacopina speravamo in una felice conclusione».

Sigi ha sborsato 6 milioni ma ha commesso tanti errori. «In un anno e mezzo abbiamo bruciato tanti soldi. Nessun amministratore ha mai preso un euro di compensi (cosa, invece, normale nelle società di capitale). Si, abbiamo commesso tanti errori, non siamo immuni da sbagli e da inesperienza. Tutto è stato fatto per salvare il calcio a Catania. Ma non siamo riusciti nell’intento».

La mancata ricapitalizzazione è stata l’argomento più importante e, a posteriori, più discusso. «Non c’erano più fondi, gli imprenditori di Sigi – me compreso – non eravamo nelle condizioni di aggiungere altre somme, nessuno di noi avevano capitali illimitati».

Troppe voci, troppe liti all’interno di Sigi. «La diversità del raggruppamento non aiutava a trovare un’unità di intenti. Sin da subito, anche per aspetti secondari, vi è stata più di una discordia».

Tacopina è scappato: in città la convinzione è che lo avete fatto fuggire voi di Sigi. «No. Tacopina è andato via perché, con molta probabilità, ha perso alcuni degli investitori che pensava di avere (alcuni personaggi giunti a gennaio e presentati come investitori non si sono mai più visti); la lentezza della burocrazia e l’importanza della situazione debitoria hanno contribuito a far saltare l’affare».

Aveva firmato un preliminare. «Probabilmente il contratto preliminare sarebbe servito a Tacopina per ricercare nuovi investitori, ma i numeri, e forse il periodo di pandemia e la lentezza delle risposte, non l’hanno aiutato in questa ricerca».

Ma qualche settimana dopo ha comprato la Spal. «Per l’acquisto della Spal, sembrerebbe di una quota parte della società, non c’erano i numeri che aveva l’affare Catania (per cui bisognava stanziare oltre 30 milioni). Io sono stato tra i maggiori sostenitori della chiusura con Tacopina, come anche credevo in un azionariato diffuso, ma la storia ha avuto un altro finale a quello sperato».

Oggi Sigi è il demonio. Da salvatori della Patria a nemici della città. «Questo particolare mi fa soffrire: l’istanza di fallimento presentata dalla Procura, per circa 14 mln di euro faceva riferimento a imposte e tasse non pagate fino al 2019. SIGI c’è stata e, anche commettendo errori, ha cercato di salvare il salvabile. Gli altri no. Facile sentenziare dalla poltrona di casa senza averci provato. Abbiamo bruciato 6 milioni, non siamo riusciti a rilanciare né a salvare. Altri soggetti sono stati a guardare o a parlare senza intervenire pur potendolo fare. Che SIGI non avesse risorse illimitate era prevedibile».

I soldi della sottoscrizione popolare che fine hanno fatto? «L’intera somma ricevuta è stata, ovviamente, destinata all’iscrizione della squadra al campionato. Anche grazie a quei contributi abbiamo avuto la possibilità di vedere giocare per quasi l’intera stagione il Catania. In mancanza non so cosa sarebbe accaduto. Col fallimento del calcio Catania sarà difficile la loro restituzione».