Fagioli confessa tutto: «Ho chiesto soldi a Gatti e Dragusin. Fu Tonali a dirmi di scommettere su un sito illegale»
L’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport” si sofferma sul caso scommesse e sulla confessione di Fagioli.
Nicolò Fagioli ha patteggiato e per sette mesi non potrà più vestire la maglia della Juventus, né ovviamente quella azzurra, in incontri ufficiali. Ma non è tutto. Oltre a 12.500 euro di ammenda, la pena su cui la Procura federale ha trovato l’accordo prevede anche ulteriori 5 mesi (quindi 12 totali) di prescrizioni alternative. Una formula di sanzione totalmente inedita, che abbina la parte afflittiva a quella rieducativa, con cui la Figc vuole dar concretezza al pensiero che il presidente Gabriele Gravina ha espresso su questo nuovo e delicato caso scommesse («I nostri ragazzi vanno sanzionati ma non abbandonati»). Ma il giocatore ga raccontato molto di più. Si legge negli atti «Mi dicevano: paga o ti spezziamo le gambe». E ancora. «Fu Tonali a dirmi di scommettere su un sito illegale. Ho scommesso su tutto anche su Toro.Milan, ma non ho mai scommesso sulla Juve. Ho chiesto soldi in prestito anche a Gatti e Dragusin, ma pagherò tutti». Il comunicato della Federazione: «Fagioli dovrà partecipare a un piano terapeutico della durata minima di 6 mesi e ad un ciclo di almeno 10 incontri, da svolgersi nell’arco di 5 mesi, presso Associazioni sportive, Centri federali, Centri per il recupero dalla dipendenza dal gioco d’azzardo, e comunque secondo le indicazioni e il programma proposti dalla Figc». Di certo lo sconto sui minimo tre anni di squalifica previsti dall’articolo 24 del Codice di Giustizia sportiva per chi scommette sul calcio è importante.
L’autodenuncia Ma facciamo un passo alla volta. Il giovane juventino ha scelto di confessare le sue colpe e dopo il primo interrogatorio voluto dalla Procura si è autodenuciato all’organo di giustizia sportiva. Fagioli era finito nel mirino degli inquirenti in primavera dopo un incontro avuto in un bar con una persona tenuta d’occhio dalle forze dell’ordine che stava indagando su un giro di scommesse. In un primo momento si era pensato a un’estorsione, ma le indagini avevano fatto poi emergere il vizio delle scommesse su piattaforme illegali (circostanza per cui è oggi accusato dalla pm Manuela Pedrotta). Ad agosto Fagioli si presenta davanti al capo della Procura federale Chinè. Dice tutto in maniera dettagliata e ogni sua dichiarazione viene poi confermata dagli atti arrivati da Torino, componente determinante per lo sconto. Non solo. Il 22enne collabora, racconta cose che la Procura non sa, ricostruisce come sia nata questa “passione” diventata una malattia. Del resto i nomi di altri giocatori coinvolti già erano presenti nelle chat contenute nel telefono che gli era stato subito sequestrato. Proprio questa assoluta disponibilità a fornire elementi nuovi utili alle indagini – sia quella penale che quella sportiva – è stata fondamentale per Chinè: oltre al taglio del 50% della sanzione prevista che si ottiene con un patteggiamento predeferimento – dunque da 36 a 18 mesi – c’è infatti l’attenuante della collaborazione che ha portato la pena finale a 12 mesi. Va specificato anche che la richiesta iniziale era di 3 anni e non più alta soltanto perché tra le scommesse fatte sul calcio non ce n’era nemmeno una su una gara della Juve.