L’edizione odierna di Tuttosport si sofferma sul portiere dell’Argentina Martinez riportando un’intervista all’ex rosanero Emiliano Viviano che lo difende dalle critiche.
Cinquanta milioni di argentini lo hanno eletto, assieme a Lionel Messi, il massimo eroe del trionfo in Qatar. Con le sue parate ha fatto innamorare mezzo mondo, con le sue guasconate ha mandato in bestia l’altra metà del globo. Dibu Martínez è uno dei simboli della Selección fresca tricampione del mondo: le sue parate hanno fatto esultare, a Istanbul, un suo amico da più d’un lustro. Emiliano Viviano infatti ha condiviso col portiere di Mar del Plata l’esperienza all’Arsenal: proprio il toscano che gioca nel Fatih Karagümrük Spor Kulübü ha voluto raccontarci il suo rapporto con il neocampione del mondo e pure difenderlo dalle critiche che gli sono piovute addosso per le esultanze.
«L’ho conosciuto 8 anni fa, nel 2013-14, quando eravamo all’Arsenal. La batteria dei portieri dei Gunners in quell’anno era completata da altri due fenomeni, Wojciech Szczesny e Lukas Fabianski. Si vedeva che l’argentino era fortissimo. Però, sapete, non tutti quelli bravi poi esplodono e diventano superstar. Dibu venne mandato in prestito in squadre minori (Oxford United, Sheffield Wednesday, Rotherham United) e poi in Spagna. Nessuno, all’epoca, avrebbe immaginato che sarebbe diventato campione del mondo. Ecco perché, per il suo vissuto prima ancora che per le sue indubbie qualità in porta, Dibu ha dimostrato urbi et orbi di avere palle quadrate e una forza mentale devastante: fattori fondamentali per conquistare traguardi prestigiosissimi. Se non hai self control e sangue di ghiaccio non puoi sollevare una Coppa del mondo, non puoi gestire la pressione di difendere la porta di una delle Nazionali favorite».
«Cosa penso delle sue esultanze e della pioggia di critiche a cui è stato sottoposto? Viviamo in un mondo in cui il più pulito tra quelli che fanno la morale sui social ha la rogna. Quotidianamente vediamo beatificati evasori fiscali, affamatori di masse e a volte è capitato pure di leggere esaltazioni di criminali. Però poi c’è la fila quando c’è da attaccare un ragazzo che, nell’euforia di un momento storico, in botta di adrenalina, si lascia andare a un’esultanza goliardica dopo essere diventato campione del mondo. Cerchiamo di essere seri. In Nba, ad esempio, prendersi per i fondelli, anche in modo pesante, è pane quotidiano di ogni atleta. Lì si insultano durante le partite, si prendono in giro sui social, sul parquet si fanno gesti per dire all’altro “sei piccolo”, “sei magro”, si fanno le linguacce dopo aver incassato una schiacciata in faccia. Tutte cose che, se accadessero nel calcio, porterebbero a gonfiarci di botte come delle zampogne! Io sono uno che normalmente evita di sfottere i rivali, a meno, però, che dietro non ci sia un validissimo motivo… Vi faccio un esempio: Massimo Ambrosini, una delle persone più competenti, calme ed equilibrate che conosco, quando il Milan vinse la Champions festeggiò sul bus tenendo, per qualche secondo, in mano uno striscione rivolto ai cugini dell’Inter il cui succo era “Lo scudetto mettetevelo dove non batte il sole”, tanto per edulcorare il messaggio. Credo che, in una situazione normale, a mente lucida, non l’avrebbe mai preso in mano. Per Dibu penso si possa fare un discorso simile: decontestualizzare è sempre sbagliato, a parer mio. Questo Mondiale è stato all’insegna di mille polemiche: dai morti sul lavoro alla corruzione fino alla condizione femminile. Ognuna di queste porcherie è stata accettata da Fifa, Nazionali, Federazioni, giocatori, tifosi. E poi, dopo tutto questo, ci si indigna per il bisht, la tunica con cui è stato vestito Messi prima di sollevare la Coppa o per l’esultanza sui generis del Dibu con il guanto sulla patta? Ma davvero facciamo? È solo ipocrisia».