Ex rosa, Sabatini: «Mio più grande rammarico non aver vinto lo scudetto con la Roma»

L’ex ds del Palermo e della Roma, Walter Sabatini, ha parlato sul canale social “Backtothefootballtv”, nel programma Cose da Roma. Sabatini ha parlato in generale del suo passato alla Roma ma ha anche espresso alcune opinioni sulla situazione attuale dei “giallorossi”, più in particolare sull’attaccante Tammy Abraham, ma anche sulla recente esperienza di Daniele De Rossi da allenatore.

Di seguito le sue parole:

«Se ho un rammarico è quello di non aver vinto lo scudetto con la Roma, ne avevo fatto veramente una questione di fede, pensavo di meritarlo e che lo avesse meritato la piazza. Non ci siamo riusciti, pur avendo fatto in una stagione 87 punti, un punteggio che basta a vincere lo scudetto in qualsiasi epoca ma in quegli anni la Juventus faceva più di 100 punti. Ancora oggi provo un forte rammarico, potrei dire anche dolore, vincere lo scudetto con la Roma sarebbe stata la cosa più importante della mia vita. Abraham? È un giocatore che ha grandi qualità ma deve trovare un’altra dimensione psicologica, deve tranquillizzarsi.  Mi sembra sempre troppo nervoso, al limite dell’isteria. Se capitalizzasse tutte le sue energie solo per il gioco diventerebbe un centravanti straordinario; lo vedo sempre stressatissimo, non sopporta le decisioni arbitrali, non sopporta gli errori, non tanto quelli dei compagni quanto i suoi. Un calciatore deve avere una tranquillità diversa. E’ amato dal pubblico, basta una mezza giocata per scatenare un boato, dovrebbe capitalizzare questa energia» – mentre su Daniele De Rossi da allenatore – «Quello alla Spal è un passo falso assolutamente sopportabile, con una squadra presa a stagione iniziata e una rosa incompleta, ci poteva stare una sequenza di risultati non favorevoli. Non è né un’onta né una bocciatura, forse un’esperienza che può tornare utile in futuro. Per me Daniele è un grande allenatore; io al momento sono senza quadra, lui lo sa, ma se trovo una squadra è il primo nome che mi viene in mente come allenatore. Lui era allenatore già da giocatore, quando ci parlo mi rendo conto che ne ha acquisito anche il lessico. Ha tutte le qualità per fare questo mestiere: l’empatia con lo spogliatoio, la capacità di indirizzare il gruppo, era un grande giocatore e sarà un grande allenatore».