L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” riporta un’intervista alle Palermo Antonio Nocerino il quale parla della sua avventura in Florida.
Nocerino, in America, è Antonio. Antonio e basta: «Qui è così: ti guardano per quello che sei, non per chi eri o rappresenti. E nessuno ti giudica, una cosa che mi piace moltissimo: ti devi meritare tutto». Antonio Nocerino, nome e cognome, però un passato ce l’ha e non si cancella: Palermo, Juve, Milan, Torino, Parma, la Premier, l’Europeo 2012 con la Nazionale e il coraggio di cambiare vita e volare a Orlando, negli Usa e in Mls già nel 2016. Da quel momento non è più tornato e s’è costruito un presente: ora è l’allenatore del Miami FC, l’altra squadra della città, l’alternativa all’Inter Miami di Messi e Beckham. «Ecco, uno come Leo mi farebbe comodo…».
Lui gioca in Mls, mentre il suo Miami è in seconda divisione: Usl Championship.
«Una squadra giovane, un bel progetto e una grande sfida. Il primo obiettivo sarà costruire una mentalità diversa: il 15 gennaio andiamo in ritiro, poi si comincia a marzo».
Diversa come?
«Voglio trasferire cultura e idee di calcio: solo il lavoro ripaga i sacrifici e chi ti ha dato fiducia».
Lei vive a Orlando da 7 anni.
«Sì, farò avanti e indietro. Sono a tre ore da Miami».
E a quante dal Vesuvio?
«Troppe. A casa ho un quadro del Golfo di 6 metri e un altro di piazza del Plebiscito. E poi il caffè napoletano, certo: lo porterò anche a Miami, però manca l’acqua della mia Napoli».
È il sogno americano?
«Più che altro è una grandissima chance. Me la sono costruita e guadagnata: è la mia vita».
Bella vita?
«Stupenda. A Orlando si vive da favola: clima, serenità, i miei figli Francesco, Cecilia, Beatrice e Mattia crescono benissimo, parlano quattro lingue e hanno tutti la cittadinanza. Anche mia moglie Federica: solo io non ho avuto mai il tempo di fare il passaporto! Lo farò».
Tutto calcio, allora.
«Studio tanto, guardo raffiche di video e partite. E giro: academy, campi, campetti. Cerco i giocatori anche nelle serie minori, penso alla stagione che partirà a marzo».
Come sarà il suo Miami?
«Di base 4-3-3 o 4-2-3-1, ma contano i principi: voglio aggressività, qualità offensiva, gente che dribbla, punta e salta. Che lotta e difende».
I suoi riferimenti?
«Adoro il metodo-Ranieri: impressionante come persona e come tecnico. Unico. Poi Ancelotti, che ha un altro passo, De Zerbi che incide tantissimo, e Bielsa. Rubacchio da loro, conservando il mio carattere: l’allenatore è innanzitutto un uomo».
I vecchi amici del calcio italiano la vengono a trovare?
«Sono venuti Zambrotta, Criscito, Chiellini, le figlie di Aquilani. Ci sentiamo sempre. E poi Marco Sommella, il mio storico manager. C’è movimento».
Ha incrociato Messi a Miami?
«No. Però mi è capitato di sedere accanto a star di cinema, Nfl, Nba senza sapere chi fossero. I miei figli sono amici di quelli di Peña, idolo del baseball, ma per me era solo Jeremy».
Il “soccer” cresce?
«A vista d’occhio come dimostra anche la nazionale di Pulisic, Weah e compagni. Hanno strutture pazzesche».
Il suo, però, dovrà essere un percorso inverso: dagli States all’Europa. Magari alla Serie A.
«Dovrò meritarlo. Io non credo nella fortuna: nella vita bisogna pedalare per arrivare in alto e cogliere le opportunità».