L’edizione odierna de “La Repubblica” riporta un’intervista all’ex rosanero Stephen Ayodele Makinwa il quale ha parlato della sua esperienza in rosanero e del Palermo di oggi.
Ecco qualche estratto:
Che ricordi ha della sua stagione palermitana? «Intanto, dato che non ho mai avuto l’occasione di farlo, ci tengo a salutare i tifosi del Palermo e tutta la città. Perché in Sicilia sono stato benissimo. Calcisticamente, ma non solo. Una città meravigliosa, dove si mangia benissimo e dove c’è un mare fantastico. Ricordo che il Palermo doveva sostituire un certo Luca Toni, un’impresa non semplice. Arrivammo io e Caracciolo a giugno e Godeas e Di Michele a gennaio. Avevo appena 22 anni, ero reduce da 6 mesi giocati bene con l’Atalanta, in cui avevo segnato 6 gol, ma non avevo certo i numeri e l’esperienza di Toni. Segnai 8 gol in 33 partite, tra campionato, Coppa Italia e Coppa Uefa. Fu l’anno migliore della mia carriera».
Un quinto posto in campionato, una finale di Coppa Italia sfiorata e quel traguardo storico degli ottavi di finale di Coppa Uefa. Una stagione indimenticabile. «In campionato segnai contro Inter, Siena, Empoli, Cagliari e Treviso, tutti gol decisivi. Una stagione di alti e bassi, ma alla fine positiva, in cui arrivammo quinti, a soli due punti dal Chievo Verona, che arrivò quarto. E con appena sei punti di distacco dal Milan, terzo in classifica. Sfiorammo la finale di Coppa Italia: eliminati in semifinale dalla Roma solo per la regola dei gol in trasferta, dopo che avevamo superato il Milan, ai quarti di finale».
L’esperienza in Coppa Uefa? «Fantastica. La mia prima volta in Europa. E siamo stati eliminati dallo Schalke 04, dopo aver vinto l’andata. Con la Lazio, per la prima volta, ho giocato la Champions League, ma Palermo mi ha lanciato e mi ha fatto esprimere al meglio».
Chi è stato, quell’anno, il tuo compagno più forte? «Difficile dirlo. La squadra era fortissima. Barzagli, Grosso, Zaccardo, Corini, Rinaudo, Caracciolo, Terlizzi, Santana, Di Michele, Barone, Brienza, Sirigu, Tedesco, Gonzalez, Agliardi, Biava. Tutti fortissimi. Eugenio Corini, però, aveva un’intelligenza superiore. Disegnava calcio. E per un attaccante, come me, giocare con lui era molto più facile».