Lorenzo Lucca, ex attaccante del Palermo oggi protagonista con l’Udinese e recentemente convocato in Nazionale da Luciano Spalletti, è stato intervistato da La Gazzetta dello Sport. Il centravanti piemontese, che ha lasciato un buon ricordo tra i tifosi rosanero, ha parlato del suo momento di forma, del ritorno a San Siro – stavolta per sfidare l’Inter – e delle sue ambizioni, tra Serie A, azzurro e futuro. Ecco l’intervista completa.

Lucca, com’è tornato dalla Nazionale?
«Contento perché il ct mi ha dato spazio. E ho ritrovato tanti compagni dell’Under 21. Ma torno esattamente come sono andato, deciso a proseguire il percorso con l’Udinese: mancano nove partite, bisogna dare tutto».

Con chi ha legato di più in azzurro, lei che è abituato a stare spesso con stranieri?
«Con Ricci, che è di Pisa dove io sono stato. Ma in generale quello della Nazionale è un gruppo unito con giovani forti. Sono fiducioso, andremo al Mondiale, non ci sono scusanti».

Infortunato Retegui, l’Italia ha riscoperto Kean e lei: due italiani che non giocano nelle superpotenze.
«Io e Moise siamo stati insieme al Torino da piccoli. È un grande amico. Ci conosciamo da quando eravamo bambini ed è stato bello ritrovarsi e ricordare cosa facevamo in spogliatoio. Siamo sempre rimasti in contatto. È fortissimo. Lui ha più tiro e io più colpo di testa? Ahah! Abbiamo tutti e due tutto. Non gli invidio nulla».

Cosa deve fare Lucca per restare in questo gruppo?
«Continuare a lavorare con serenità, stare tranquillo. E non devo mettermi pressioni addosso. Devo pensare a migliorarmi come ho fatto finora, con la fiducia dell’Udinese che due anni fa è stata la prima a credere in me dopo un’annata difficile».

È a 10 reti, che obiettivi si dà? Quindici gol?
«Non me li pongo, porsi degli obiettivi può essere un limite mentale. Non parlo di obiettivi. Ragiono partita dopo partita, gol dopo gol».

Se le dico San Siro?
«Rispondo: la Scala del calcio. Il punto più alto per un calciatore. Poi entrare con la Nazionale è qualcosa di unico».

All’andata contro l’Inter finì 2-3 e lei segnò un gol bellissimo.
«Un gol bello, sì. Ma non ci diede punti, eppure giocammo bene, domenica ci teniamo tanto. Dopo la sosta arriveremo carichi, abbiamo dimostrato che nelle partite importanti diamo qualcosa in più, contro le piccole meno. Dobbiamo sfruttare tutte le occasioni, le big ne hanno molte di più».

E ai nerazzurri ne mancano tre.
«Andiamo a giocarci la partita contro una squadra di fuoriclasse, una delle più forti. La classifica oggi dice che è la più forte».

Voi avete raggiunto i 40 punti. Avete ancora fame?
«Io ne ho tanta. Se non hai fame non vai da nessuna parte. Dobbiamo cercare di andare più avanti possibile, ricordando che lo scorso anno abbiamo rischiato grosso salvandoci alla fine. Ma qui c’è un gruppo forte, con gente di personalità».

A proposito: dopo l’episodio di Lecce, suo ultimo gol, in cui ha scippato il rigore a Thauvin, ha offerto la cena alla squadra?
«Sì, li ho portati tutti a cena. Siamo andati a 20 minuti da Udine. Ho pagato, ma non c’è più bisogno di parlarne. È stata ingigantita».

Thauvin è così forte?
«È molto forte e ci dà una grossa mano».

È vero che a lei una grossa mano la dà Alexis Sanchez?
«È vero. Mi dà tanti consigli. Ci parlo molto anche perché conosco lo spagnolo e frequento tutti i compagni che lo parlano».

Ci racconta, invece, Solet, questo campione che da gennaio ha sistemato la difesa?
«Forte, ma con me fa fatica… Ha tanta tecnica e molta stima di sé stesso. In questo lavoro la mentalità fa il 90%».

In queste quattro partite, Inter, Genoa, Milan e Torino, vi giocate un buon piazzamento.
«Abbiamo alcuni scontri diretti in casa, anche col Bologna e la Fiorentina. E noi in casa siamo forti. Genova è un campo difficile, caldo. Non dobbiamo pensare alla parte sinistra della classifica, ma a dare sempre tutto».

Lei lega con gli spagnoli, che dice di Iker Bravo?
«Che ha tecnica e personalità e può essere il futuro dell’Udinese».

Ammettiamo che lei a giugno lasci Udine. Sarebbe tentato di rifare un’esperienza all’estero, visto che l’ha già fatta all’Ajax, o vuole restare in A?
«Non fa differenza. Sono cresciuto a livello fisico, tecnico e mentale. All’estero vedo più gol, la Serie A è difficile ma è una sfida che mi dà adrenalina. Sono padrone del mio destino».

Ha visto l’Ajax? Può vincere il titolo con l’italiano Francesco Farioli. Sente ancora qualcuno?
«Quelli che sento, Edson Alvarez e Conceiçao, non ci giocano più. Auguro ogni bene al club che non mi appartiene più. Ma il passato è passato. Non sono stato riscattato, ragiono solo sul presente».

Chiudiamo con una battuta: domenica le è saltato in mente di togliere il rigore a Raspadori?
«In realtà no. Gli ho solo chiesto se lo batteva lui e mi ha detto di sì. È da anni in Nazionale».

Il suo portiere Piana ha detto, però, che lei li tira benissimo, forti e angolati, e difficilmente riesce a prenderne qualcuno in allenamento.
«Il rigore è una cosa mentale. Sono un numero 9, mi alleno al video, fa sempre parte del percorso che sto facendo, ma è vero che cerco di tirare così. Più ti eserciti meglio è».