Ex rosa, Dybala: «E’ bello essere un esempio per i bambini. I miei idoli…»

Intervistato da numerosi bambini, nel corso dell’iniziativa della Juventus “Junior reporter”, Paulo Dybala si è espresso così: «Ho iniziato a fare gol quando avevo 4 anni, insieme ai miei fratelli disegnammo una porta sul muro di casa. I nostri genitori videro una marea di graffi e per poco non ci ammazzarono! (ride, ndr). Cosa si rompeva più spesso? Le piante. Per evitare questi incidenti mia madre ci portava a giocare al campetto o in piazza perché non ce la faceva più a cambiare tante piante. La scuola? Io ho fatto tutti gli anni dal primo all’ultimo anno, sono riuscito a conciliare gli impegni scolastici con lo sport. Questo perché i miei genitori mi dicevano che se non fossi andato bene a scuola non avrei giocato a calcio. Cosa vorrei cambiare del mio gioco? Se potessi migliorerei la forza fisica e il mio destro per cercare di portarlo allo stesso livello del sinistro, c’è un po’ di disparità di cui avrei fatto volentieri a meno. Cosa deve mangiare un calciatore? Mangiate tutto quello che potete, in questo momento potete farlo. Poi quando sarete più grandi cominciate ad eliminare ciò che non fa bene. Io fino a 15 anni mangiavo qualsiasi cosa, dalle patatine fritte alla cioccolata, poi a poco a poco ho lasciato tutto. I più simpatici nello spogliatoio? I più burloni sono Dani Alves, Higuain e Asamoah, ma nel complesso siamo un bel gruppo fatto di persone allegre che sanno stare insieme. Se ho mai pianto dopo una sconfitta? Sì, mi è capitato in Argentina a 17 anni dopo aver perso una finale, poi per fortuna arrivando in Italia non mi è più successo. L’arrivo di Higuain? In questo momento siamo inseparabili, passiamo molto tempo insieme e il fatto di andare insieme in Nazionale ha aumentato la nostra amicizia. I miei idoli alla Juve? Semplice, Pirlo e Del Piero. A cosa penso quando faccio gol? Per prima cosa penso al mio papà che non c’è più, è a lui che dedico tutti i miei gol. Poi festeggio con i miei compagni e con la mia famiglia che è sempre presente allo stadio. Perché non ho barba? È una questione di famiglia e poi preferisco che non mi crescano i peli, non voglio avere la barba, fino ai 30 anni ne farei a meno. Io so di essere un ragazzo fortunato: faccio quello che mi piace, quando entro in campo sono tranquillo e so che posso dare il meglio, è bello essere un esempio per i bambini. Le mie punizioni? È tutta una questione di allenamento, ci lavoro tantissimo e per fortuna è una delle mie qualità».