L’ex rosanero Cesare Bovo ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni di “PalermoToday” ripercorrendo le varie fasi della sua carriera e raccontando di essere stato vicino al ritorno al Palermo da giocatore.
Ecco qualche estratto:
«Quando ho capito che dovevo smettere? Io non l’ho capito. Ho smesso perché non potevo più allenarmi. Ero in B a Lecce, avevamo vinto il campionato. Purtroppo non ce la facevo più per colpa di un ginocchio finito. Prima di andare a Pescara stavo per tornare a Palermo e lo avevo fatto capire. Obiettivamente però il Pescara era in A, mi offriva un contratto migliore e io ero a fine carriera. In quel momento stavo iniziando la mia ultima stagione al Torino dove ero reduce da tre belle stagioni: durante la preparazione il ds mi disse che ero fuori lista e che dovevo andar via. Prima dell’inizio del campionato Mihajlovic mi fece giocare una partita di Coppa Italia contro la Pro Vercelli perché Maksimovic non si presentò perché voleva andare al Napoli e io giocai facendo bene. Le prime partite fui impiegato sempre e andai alla grande: titolare inamovibile e capitano. All’improvviso sono uscito dalla squadra senza sapere perché. Sinisa penso che abbia influito poco, era una scelta arrivata dall’alto, così a gennaio provai a tornare a Palermo. C’era Corini in panchina, era l’ultimo anno in A. Purtroppo la situazione non era chiara, abbiamo spinto col mister ma fu tutto inutile. Andai a Pescara, con Oddo, ma dopo un infortunio che mi tenne fuori per due mesi e a quel punto trovai Zeman. E giocai tutte le ultime 10 partite della stagione. Mi è mancato pochissimo per toccare quota 300 partite in A ma se pensiamo che sono stato operato 11 volte credo sia un grande risultato. Sì, diciamo che di tempo ne ho perso parecchio. Però quando sono stato bene ho giocato quasi sempre. Se adesso potessi indietro e cambiare qualcosa cosa farei? Forse qualche scelta, ma tutto non arriva mai per caso. C’è sempre una ragione, pure le cose che sono andate male. Si vede che dovevano andare così. Ho sempre cercato di vivere il momento. Adesso, a 41 anni, ti dico che ho un po’ di rammarico perché forse potevo fare meglio ma non posso lamentarmi. Conoscendomi meglio ti dico che forse avrei potuto tirare fuori qualcosa di più ma gli infortuni sono stati tanti, però non devono essere una scusante. Io magari ci ho messo del mio».
La Nazionale solo accarezzata, per “colpa” di Maicon…
Nel labirinto di rimpianti merita una citazione il capitolo Nazionale. Quattro convocazioni, due panchine, zero presenze. Eppure Bovo ha vinto da protagonista l’Europeo under 21 nel 2004 e la medaglia di bronzo ad Atene in una squadra in cui spiccavano Barzagli, Gilardino, De Rossi, Zaccardo e Amelia. Tutta gente che poi ha vinto il Mondiale due anni dopo.
«Se potevo esserci pure io nel 2006? Non so… anche nel 2008 girava il mio nome in vista dell’Europeo in Austria e Svizzera. Stavo giocando benissimo al Genoa, dicevano che Donadoni mandava spesso Bortolazzi a vedermi. Poi non mi hanno mai chiamato ma evidentemente c’era di meglio. Certo, ai miei tempi era diverso. Se non avevi 200 presenze in A di un certo livello facevi fatica a esser preso in considerazione per la Nazionale».
Ma il vero rimpianto è relativo a quelle convocazioni all’inizio dell’era Prandelli. «Era appena iniziato il campionato, parliamo del 2010. Giocavo al Palermo, il 30 agosto ricevo finalmente la convocazione in nazionale maggiore. Siamo andati a Tallinn. Estonia-Italia, qualificazioni per Euro 2012. Vado in panchina ma non entro. Era un venerdì. Il martedì giochiamo in casa contro le Far Oer e Prandelli mi fa accomodare in tribuna. Il mese dopo mi convoca nuovamente: giochiamo in trasferta contro l’Irlanda del Nord. Vado di nuovo in panchina e non mi fa entrare. Quattro giorni dopo giochiamo a Genova con la Serbia: ancora tribuna. Fu la famosa partita macchiata dal teppista serbo Ivan Bogdanov. Peccato, una presenza pensavo di essermela guadagnata. La potevo fare. A novembre ci fu un’amichevole e pensavo di esser convocato perché stavo giocando bene e invece non fui preso in considerazione. Al giro successivo Prandelli mi avrebbe chiamato ma m’ero fatto male in un contrasto con Maicon e tre giorni dopo presi un pestone con la Juventus. La domenica doveva giocare a Lecce ma avevo troppo dolore. Niente da fare. Prandelli mi escluse ma disse che mi avrebbe richiamato».