Intervistato da “Marca”, l’ex terzino del Real Madrid, Royston Drenthe ha affermato: «Mio padre è stato ucciso per le strade di Rotterdam quando avevo tre anni, ma mia madre me lo ha nascosto per un bel po’ di tempo con l’obiettivo di proteggermi: ai tempi ero piccolo, non aveva scelta. Mi diceva che era stato un incidente, però la realtà era un’altra. Ho deciso di ritirarmi dal calcio a trent’anni perché non ero felice. Ero stanco e deluso. Non mi piace il mondo del calcio professionistico. Ho avuto problemi con gli agenti che mi hanno avvicinato, ma preferisco non fare nomi. Nel calcio ci sono persone che non sono oneste. Chi mi conosce sa che sono una brava persona e che mi fido della gente, ma c’erano persone che mi cercavano solo per approfittarsi di me, per ingannarmi. Nell’ultimo anno di carriera ho rinunciato all’agente, adesso gioco con gli amici per divertirmi. Resto un tifoso del Real Madrid. Era un club in cui c’era tutto, ho giocato nel miglior club della storia con i migliori giocatori. Posso dire di aver vissuto un sogno. Porterò sempre Madrid nel mio cuore. Le cose non sono andate per il meglio perché c’erano molte aspettative su di me dopo aver fatto da protagonista l’Europeo Under 21. I problemi per me sono iniziati con l’arrivo di Mourinho, colui che mi fece lasciare il Real Madrid. Nell’estate del 2010 ho lavorato duramente, Marcelo era infortunato e quindi potevo avere spazio per giocare. Eppure, improvvisamente, durante l’ultimo giorno di mercato mi ha detto che dovevo andare via, che non poteva fare nulla e che era una cosa che riguardava Valdano. Ho avuto meno di 24 ore per scegliere una squadra e, alla fine, andai all’Hercules in prestito. Vita notturna?Spesso uscivo di notte, anche in gran segreto. Non è facile dire di ‘no’ ogni sera, perché Madrid offre molte cose: ristoranti, feste, ragazze carine. Quando sei giovane e giochi nel Real Madrid le tentazioni sono molte. Una volta insieme ad un amico sono andato in un casinò e all’improvviso abbiamo visto due belle ragazze. Abbiamo passato una grandiosa nottata insieme a loro, ma alla fine ci chiesero 1000 euro a testa. Non pensavo assolutamente di doverle pagare, credevo fosse solo divertimento. Con me non avevo soldi e io mi vergognavo. Inoltre, il mio amico non aveva intenzione di pagare. Così abbiamo dato loro tutte le fiches che avevamo vinto al casinò».