L’edizione odierna della “Gazzetta dello Sport” riporta le dichiarazioni di Antonio Conte, ex ct della Nazionale, che si è soffermato sul cammino azzurro a Euro 2020:
«Italia è arrivata in finale con pieno merito. Perché si è dimostrata più completa di ogni avversario incontrato e capace di gestire diverse situazioni di gioco, sia in fase di possesso che di non possesso palla. Cercando di mantenere sempre una propria idea, identità e stile, ma sapendosi anche adattare alle qualità fisiche, tecniche e tattiche degli avversari, per trovare il modo migliore di ottenere il massimo risultato. A volte ha dominato, altre volte ha mostrato resilienza, carattere e spirito di sacrificio esaltando le qualità collettive e individuali. Il grande merito di Mancini è aver dato alla squadra tante conoscenze che i giocatori dimostrano di aver mandato a memoria. Il nostro c.t. deve andarne orgoglioso. Una partita si può vincere o perdere anche per episodi, ma chi studia calcio sa quanto lavoro c’è dietro e la lunga striscia di risultati positivi e l’approdo a questa finale dell’Europeo hanno radici profonde».
«Ho da sempre una grande stima di Luis Enrique, come tecnico e uomo, dei suoi valori e della sua caparbietà. Sta avviando un nuovo ciclo nel solco della tradizione calcistica spagnola, con molti giovani di grande talento. Hanno sicuramente disputato un ottimo Europeo. Ma il mio giudizio sulla partita della Spagna contro l’Italia è meno entusiasta rispetto a tanti altri che ho letto o ascoltato. Si è parlato tanto del loro possesso palla e del dominio del gioco. Ma cosa si intende per dominio del gioco e cosa deve portare? Per come lo intendo io, deve portare ad azioni da gol e situazioni di pericolo per gli avversari. E da questo punto di vista il dominio spagnolo contro l’Italia non è stato così evidente. Se il possesso palla non trova sbocchi in verticalizzazioni verso la porta avversaria o crea degli uno contro uno sugli esterni, non genera pericoli e diventa sterile. Al di là delle percentuali sul possesso, diventa fondamentale guardare l’indice di pericolosità di una squadra. Perché puoi tenere il pallone quanto vuoi, ma se non crei, non tiri e non segni, non vinci».
«La nostra Nazionale ha dimostrato di conoscere tutte queste fasi. Per questo siamo completi. La partita contro la Spagna non ci deve lasciare la sensazione di essere stati fortunati, ma ci deve fortificare perché abbiamo dimostrato di sapere fare più cose di loro. Certo, poi per vincere non bastano le sole conoscenze, molto dipende dalla qualità dei giocatori che ogni squadra ha a disposizione. In passato non eravamo troppo predisposti verso la pressione alta, perché ritenevamo i rischi maggiori dei benefici. Ma oggi siamo molto migliorati anche in questo. L’Italia è un osso duro perché non la trovi quasi mai impreparata, non ti lascia spazi, ti costringe sempre a una soluzione complicata».
«L’Inghilterra è una squadra forte, con tante frecce al proprio arco. Sugli esterni sono pericolosi, perché a differenza della Spagna che tendeva a far girare palla però tornava indietro, loro ti puntano sempre nell’uno contro uno. Dribbling, tagli e sovrapposizioni: non c’è solo Sterling ma anche Saka, Foden, Sancho, Grealish. E poi ovviamente Harry Kane. Molti ne elogiano la capacità di andarsi a prendere il pallone e giocare con la squadra. Come in occasione dell’imbucata nel gol del pareggio contro la Danimarca. Sì, certo, bravissimo anche in quello, ma è in mezzo all’area che è fortissimo, un cecchino e io da tecnico lo terrei sempre lì, perché sa essere devastante. In mezzo al campo hanno due centrocampisti molto fisici come Rice e Phillips, giocatori di gamba che danno equilibrio, però verticalizzano poco, cercando spesso il passaggio più semplice. Un loro punto debole? Se la difesa viene pressata nella costruzione da dietro sono meno bravi della Spagna a eludere il pressing avversario. Però se vai a prenderli con una pressione ultra offensiva poi, se ne escono, bisogna stare attenti alle loro frecce davanti. E si torna al discorso del saper leggere i momenti durante la partita da parte dei calciatori».