L’ ex capitano del Palermo continua a difendere la propria posizione. «Non sapevo fosse figlio di un mafioso, l’ho saputo solo dopo. In ogni caso, questo non aveva importanza. Io voglio bene a Mauro, lo frequentavo nel tempo libero. Con lui mi divertivo». Lo ha detto l’ex bomber del Palermo calcio, Fabrizio Miccoli, deponendo al processo contro Mauro Lauricella, figlio del mafioso Antonino detto «scintilluni». Anche Miccoli è sotto inchiesta. La Procura aveva stralciato la sua posizione e chiesto l’archiviazione,ma il gip l’ha respinta. La vicenda. Secondo l’accusa Miccoli avrebbe contattato Lauricella, con il quale abitualmente usciva, per risolvere una questione legata alle quote societarie di un fisioterapista in un locale a Isola delle Femmine (Palermo): il Paparazzi. Il fisioterapista aveva un credito nei confronti degli altri soci e non riusciva a riscuoterlo. «Sono stato sei anni a Palermo e sono andato tre volte in discoteca, sempre con Mauro. Avendo saputo che il fisioterapista aveva qualche problema con questi della discoteca- ha spiegato l’ex bomber rosanero – mi è venuto spontaneo parlare con Mauro. Non sapevo di cosa si trattasse e mi sono poi disinteressato». Le indagini su Mauro Lauricella partono dall’inchiesta che portò in carcere il padre nel 2011. Sempre secondo l’accusa, Lauricella avrebbe recuperato dodicimila euro, di cui due li avrebbe trattenuti per sé. «Se il fisioterapista voleva fare un regalo a Mauro, io non lo potevo impedire. Non ho chiesto nulla per Mauro, né lui ha chiesto mai qualcosa a me», ha concluso. Il pm ha chiesto a Miccoli anche dell’interessamento di Lauricella nel recupero della caparra di una casa che l’ex bomber rosanero aveva in affitto in via Archimede. «Raccontai a Mauro quello che era successo, come si fa con un amico – si è giustificato – Se poi lui ha fatto qualcosa per quella vicenda, lo ha fatto in autonomia. Io non gli ho chiesto nulla e comunque non ho mai avuto indietro i soldi della caparra».