«Venerdì mi aspetto una partita interessante, con una bella cornice di pubblico. Il Parma ha dalla sua parte la continuità di rendimento e risultati, aspetto che è mancato al Palermo. I ducali sono stati costruiti per vincere il campionato. Quello rosanero, invece, è più un progetto. Certamente la squadra di Mignani potrà giocarsi le sue carte ai play-off». Queste le considerazioni si microfoni di Ilovepalermocalcio.com di Emanuele Calaiò, ex attaccante palermitano che ha vestito tra le altre anche la maglia del Parma.
Possiamo dire che la Serie A è ormai cosa fatta per i ducali?
«Ormai penso si possa dare per scontata la promozione del Parma. I gialloblù hanno una rosa importante e sono guidati da un allenatore che ha già ottenuto risultati importanti in passato in questa categoria. Il Parma dovrebbe farsi del male da solo per perdere questo campionato».
Da ex attaccante di razza a suo avviso Brunori è pronto per il salto di categoria?
«Penso di sì. Quando un attaccante si conferma in una categoria segnando diverse reti, credo sia arrivato per lui il momento di fare il salto di qualità. Non vorrei che Brunori finisse per essere etichettato come attaccante di categoria, come avvenuto per giocatori come Cacia e Coda che hanno fatto fatica nella massima serie. Visto quello che ha mostrato in questi anni penso che Brunori meriti di misurarsi con la Serie A».
Chi deve temere in particolare il Palermo ai play-off?
«Stiamo parlando di un torneo a parte dove si azzerano tutti i valori e tutto quello che è stato fatto nella stagione. È un vero e proprio terno al lotto, al quale si arriva chiaramente stanchi dopo quanto fatto nell’arco di una stagione. In tal senso sarà importante valutare la tenuta fisica e atletica delle varie contendenti. Potrebbe giocare un ruolo determinante anche il fattore pubblico».
Resta un neo nella sua carriera il mancato feeling con i tifosi del Palermo?
«Non venire a Palermo non è stata una mia scelta. Dall’esterno spesso si parla con troppa facilità, senza conoscere certe dinamiche tra le società e i soggetti interessati. Sono stato preso di mira con l’accusa di non aver voluto indossare la maglia della squadra della mia città, ma questo non corrisponde alla realtà. Solo nella prima occasione fu una mia scelta, ma solo perché avevo già dato la mia parola al Napoli. Nonostante il tentativo di Zamparini non potevo ormai tirarmi indietro. Diverso invece è stato il discorso nelle successive occasioni. Prima fu lo stesso Zamparini a mettere il veto sull’arrivo di palermitani in squadra. Successivamente quando fui richiesto da Lupo e Tedino, la fumata bianca non arrivò perché il Parma non riuscì a sostituirmi».
Secondo lei perché Insigne non è riuscito ad affermarsi in rosanero?
«Con Roberto siamo molto amici, abbiamo vinto un campionato al Parma e lo conosco bene. Purtroppo il suo problema è la discontinuità di rendimento. Forse ha pagato un po’, anche a livello caratteriale, il fatto di abbattersi nei momenti di difficoltà, quando si è ritrovato a perdere delle posizioni nelle gerarchie del tecnico di turno. Per rendere al meglio Insigne avrebbe bisogno di un allenatore che gli trasmetta di credere in lui anche nei momenti di flessione».
Il calcio oggi è ancora parte integrante della sua vita?
«Adesso mi diverto allenando in una scuola calcio di Napoli e facendo l’opinionista a Radio Kiss Kiss. Ho preso anche il patentino da direttore sportivo, ma devo dire che quello di oggi è un calcio più orientato al business che all’aspetto passionale. Un modo di vedere e vivere questo mondo che non mi appartiene».