Dov’è finito il Chievo? L’amore non è mai tramontato e vive ancora al centro sportivo. Riparte dalla D?

L’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport” si sofferma su che fine ha fatto il Chievo Verona.

Hanno ammazzato il Chievo. Il Chievo è vivo. Ferito, ma vivo. Anche se l’anima del Chievo, Luca Campedelli, quello che per 17 campionati lo ha tenuto in Serie A, costruendo una favola, lottando contro potere e potenti, quando arriviamo al centro Bottagisio, la sua meravigliosa creatura, realizzata a due passi da casa, ci accoglie così: «Campedelli è morto, faccia conto che io sono morto». Sorseggia una tazza di té in un bar che fa tanto oratorio. Il Bottagisio è uno sport center con bellissimi campi in sintetico, palestre per la scherma (la scherma storica è una passione di Campedelli), spogliatoi funzionali, uffici e store dove si notano ancora indumenti e gadget del Chievo che è stato, ma in campo non c’è più .

I reduci Vuoi incontrare quelli che sono la storia del club? Basta andare al Bottagisio, quartiere Chievo. Sono tutti qui, in attesa del “pres” che, poi, arriverà. Marco Pacione, passato da centravanti anche alla Juve, al Chievo ha fatto il team manager. Oggi guarda partite di ogni genere, dalla A alla D e se è a casa, a Verona, dove ha scelto di vivere, è qui, al centro. «Questa è la mia vita e la mia città. Dal 1986. E io Luca Campedelli non lo tradirò mai». Lo dice con emozione, ma con decisione Pacione. Perché tanti sono quelli che gli hanno voltato le spalle. Non gliele ha voltate Giorgio De Giorgis, ex centravanti, da sempre vicino alla famiglia e nell’ultimo anno e mezzo direttore dell’area tecnica: «Il Chievo ha visto svanire nel nulla in pochi giorni un patrimonio calciatori da 33 milioni. È stato un colpo durissimo, immeritato, se si pensa che nel calcio italiano in parecchi se la passano male. E ora quei ragazzi sono tutti protagonisti (da Semper al Genoa a De Luca a Perugia a Garritano a Frosinone), tanti in B, alcuni arriveranno in A». Nel bar, che fa da mangiare a pranzo, arriva pure lo zio del pres, Peppino. L’ultima fase l’ha amministrata lui. «Gravina non ci ha trattati bene -, sussurra nominando sottovoce il presidente federale -. Ma io continuo ad augurarmi che il Chievo riparta». I fedelissimi sono qui, gli altri due, Dino Guerrini e Daniele Partelli, che hanno curato la comunicazione fino all’ultimo ritiro di Pieve Cadore, collaborano con Patrizia Adami nel gestire l’ufficio stampa di Damiano Tommasi, ex calciatore e presidente Aic candidato con un’intera e compatta coalizione di centrosinistra a sindaco di Verona, dove sfida l’uscente Federico Sboarina e l’altro ex Flavio Tosi. «Se volevamo una mano dal Comune, non l’abbiamo avuta», dice Luca Campedelli. Il Chievo ha chiuso ad agosto quando la Figc ha svincolato i calciatori. È stato fatale il debito di 18 milioni che non è stato rateizzato. La prima rata, che il Chievo aveva pagato, 800 mila euro, è stata restituita. Il rammarico è non aver ottenuto la rateizzazione. E ora c’è pure il rischio fallimento.

I luoghi Alla Pantalona, lo storico bar di Marco Sancassani, covo dei pandorati, si vive più di ricordi. Infatti si vendono ancora i prodotti pasquali della Paluani, l’azienda di famiglia dei Campedelli che ha ottenuto un supplemento di concordato preventivo. «È un modo per tenerci attaccati – spiega Sancassani -. Vivo di ricordi e sono bellissimi. Perché il Chievo ha fatto la storia e ci ha fatto vivere soddisfazioni ed emozioni che nessuno potrà cancellare. Purtroppo non ci hanno dato una mano». Sancassani si tiene stretto quel Chievo, non osa pensare alla Clivense che gioca in terza categoria, ideata dalla bandiera Sergio Pellissier che, dopo aver smesso e avviato l’attività dirigenziale, col pres ha chiuso male. «Non vado a vederlo semplicemente perché la Clivense non è il Chievo – dice Ivano Fagnani, presidente dal 1995 del Coordinamento Amici del Chievo Verona -. Il club è ancora in piedi, in attesa di eventi. Non ci siamo sentiti di staccare la spina».

Futuro In effetti una speranza c’è e dal quotidiano locale, l’Arena, l’indiscrezione è partita. Al Bottagisio si allena il Sona, società che fa la D. Quella, per intenderci, che lo scorso anno fece giocare Maicon e il cantante Enrico Ruggeri. Lì qualcosa è cambiato a livello dirigenziale. Non è l’unico club che svolge gli allenamenti al centro di Campedelli. Ci sono anche il Santa Lucia, il Pescantina e altri. Ma, vedendo gli interpreti che al bar dialogano, si capisce che una certa confidenza tra le parti si è creata. Ripartire dalla D? «Importante è ripartire». Campedelli fa una smorfia. Spera di evitare il fallimento. Ma, pur con tutte le delusioni e le ferite, non può sopportare che il suo Chievo muoia.