L’edizione odierna de “La Repubblica” riporta un’intervista a Zeman sul caso doping.
La coscienza di Zeman è un mondo vasto in cui le parole “lavoro”, “gradoni” e “intensità” hanno lo spazio che avevano allora, quando l’eretico boemo sconquassò il calcio con le sue frasi sulle farmacie, sul pallone malato. Quelle frasi, il prossimo 26 luglio, compiranno un quarto di secolo. «Sì, vero, ma non è cambiato niente». Una libreria affollata, in un sabato mattina, alla periferia di Roma. Zeman arriva in maglione verde, accolto da un applauso che gli strappa anche una lacrimuccia, portata via velocemente con l’indice. La presentazione del suo La bellezza non ha prezzo (Rizzoli), il libro scritto con Andrea Di Caro, cade in giorni di fine gennaio incendiati da fatti che lui ben conosce. Da venticinque anni almeno. Il calcio italiano è uscito dalle farmacie, mister? «Non lo frequento più come un tempo, ma no, non credo proprio».
Di quello di allora, quello inchiodato da Zeman nel 1998, hanno parlato Dino Baggio, Brambati, Di Gennaro, Raducioiu. «Doping, integratori, medicine, muscoli. Io provai a smuovere qualcosa, a cambiare il sistema, allora. E loro dov’erano? Perché non hanno parlato venticinque anni fa? Non l’hanno fatto perché erano parte di quel sistema perché in quel sistema vivevano e guadagnavano bene. Allora non gli conveniva e sono stati tutti zitti. Io ho parlato in quei toni nel 1998 per provare a riparare il calcio stando all’interno di quel mondo, mi sarebbe piaciuto provare ad aggiustare qualcosa perché era ormai diventato un business e sempre meno un gioco. Mi diedero del terrorista, del pazzo. Mi dispiace che quel messaggio non sia stato recepito. Servì solo a far muovere appena le acque, ci furono inchieste, tutto finì in una bolla di sapone. La situazione non è migliorata. E ora stiamo peggiorando».
Le farmacie, ma anche gli uffici finanziari. I trucchetti di allora, quelli di oggi. Le sentenze, quella sulla Juventus. «Spero serva a qualcosa. Ma si farà pulizia solo se ci sarà lo sforzo di tutti. Se lo sforzo sarà di pochi, sarà molto difficile». A 75 anni, Zeman guarda ancora il calcio in tv, «e mi disturba vedere squadre con giocatori di qualità che non giocano bene a calcio, che non cercano la verticalità e la velocità, che giocano come giocava Guardiola dieci anni fa. Pep è già nel futuro, noi inseguiamo il Guardiola del passato. L’obiettivo della mia carriera di allenatore è sempre stato quello di migliorare i giocatori che avevo a disposizione. E di giocare, sempre, come piaceva a me».