L’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport” si sofferma su quel film infinito che ra la vita di Maradona e che continua anche dopo la sua scomparsa.
Non c’è pace per il Pibe de Oro, nemmeno da morto. A giorni sarà già passato un anno da quel 25 novembre 2020 in cui il Paese soffrì attonito la scomparsa del suo più grande idolo, Diego Armando Maradona. Eppure qui a Baires, sui giornali e nei programmi tv, più che delle celebrazioni in suo onore – francobolli commemorativi, monumenti da erigere o anche semplici omaggi, come quello che gli sarà reso sabato a Montevideo, durante la finale di Libertadores – si commentano le ultime scandalose rivelazioni sulla sua vita e le beghe giudiziarie sull’eredità.
Il processo La targa in marmo collocata la settimana scorsa dal Consiglio Comunale a Villa Devoto, Baires, dove visse con la sua famiglia per molti anni, ha ricevuto meno attenzione di quella rivolta alla testimonianza di Mavys Alvarez, la cubana che è al centro di una causa per traffico di persona, che se non vede Maradona fra gli imputati è solo grazie al fatto che è già morto. La donna nel 2001, quando aveva 16 anni, visse una relazione con el Diez, quando Diego cercava di disintossicarsi dalla cocaina sull’isola caraibica, coccolato da Fidel Castro.
Malgrado lei stessa ammetta che la relazione era consensuale, resta il fatto che si trattava di una minorenne. Ora poi è venuto fuori che Maradona, con la connivenza delle autorità, riuscì quell’anno a portare con sé la ragazza a Baires, in barba ai controlli migratori e senza il consenso dei genitori (di lì la causa per traffico di persona), obbligandola anche a una chirurgia estetica ai seni. La donna ha rivelato che Maradona, che durante il soggiorno a Cuba continuò a far uso di cocaina, rese anche lei dipendente dalla droga ed in più di una occasione le aveva esercitato violenza fisica. Guillermo Coppola, allora rappresentante di Diego ed ora coinvolto dalle accuse, ha dichiarato di essere all’oscuro di tutto, la credeva una storia d’amore e nient’altro.