De Laurentiis: «Ho vinto lo scudetto e ora cambio il calcio. Cavani dal Palermo l’operazione che mi ha dato più soddisfazione»

L’edizione online de “La Repubblica” riporta un’intervista ad Aurelio De Laurentiis fresco di vittoria dello scudetto con il suo Napoli. Il patron dei partenopei ha anche parlato dell’operazione che portò Cavani in Campania dal Palermo.

Dopo lo scudetto, le riforme. Aurelio De Laurentiis, presidente del Napoli campione d’Italia, ci incontra nella cappella del Palazzo Reale, la “Reggia sul Mare” da dove questa città da sempre guarda al resto del mondo. Produttore cinematografico con la passione del calcio, De Laurentiis, 73 anni, rivendica il merito di aver progettato il terzo scudetto dal nulla, scrivendone la sceneggiatura proprio come avviene per i film di successo nella sua Los Angeles. Assicura di voler tenere la squadra compatta per il prossimo campionato “aggiungendo altre stelle” e rivela particolari inediti della genesi dell’accordo con l’allenatore Spalletti. Ma il suo orizzonte ora si allarga all’intero sistema del calcio italiano. Nella conversazione che segue, le maggiori novità riguardano le idee che ha per rinnovarlo: un campionato nazionale da aprile a ottobre; la riforma della legge Melandri per aiutare i club a cogliere le opportunità del mercato; una competizione annuale europea fra le sei migliori squadre di ogni Paese. E gli stadi come “luoghi dove far venire le famiglie”, polmoni di vita collettiva. Abito blu, barba ben curata e occhi sempre in movimento, De Laurentiis parla di calcio, politica e cinema sovrapponendo esperienze fatte sulle due sponde dell’Atlantico. Vestendo da oggi i panni del riformatore del calcio, nella convinzione che, prima o poi, i fatti gli daranno ragione.

Ad esempio a cosa pensa?
“Innanzitutto noi abbiamo un grandissimo problema con gli stadi: tranne qualche rara eccezione, sono obsoleti, la partita si vede male, c’è la pista d’atletica, come a Napoli o a Roma. E poi, vogliamo portarvi le famiglie? Vogliamo far sì che allo stadio si possa rimanere tutta la giornata a divertirsi, a mangiare? Io allo stadio celebrerei i matrimoni e le prime comunioni. Magari la Chiesa si potrebbe inquietare, ma basterebbe montare un altare benedetto, noi lo abbiamo fatto in ritiro a Dimaro: quante volte è venuto il cardinale Sepe a officiare la messa e nessuno si è mai scandalizzato? Il campo di calcio è sottostimato e sottoutilizzato, potrebbe produrre dei benefici sul fatturato”.

E poi c’è il tema della durata dei campionati…
“Io avrei un’idea. Perché giocare d’inverno con la neve, la pioggia, la grandine? Non potremmo cominciare in tutta Europa il 1° aprile? Non è un pesce d’aprile, ma una necessità. In 7 mesi fino a ottobre si potrebbero disputare campionati nazionali e Coppe europee. Da novembre a marzo restano 5 mesi per far riposare i signori calciatori, andare in ritiro, giocare con le nazionali. Se ho calciatori africani, perché a gennaio me ne debbo privare per la Coppa d’Africa? Uefa e Fifa sono assenti per egocentrismo ed egoismo. Per loro esistono solo le votazioni per essere riconfermati, ma non si pongono questi problemi. Alla finale di Champions a Parigi un anno fa c’è gente che ha rischiato di morire, bambini che urlavano, mamme spaventate: così non si fa un assist al calcio, anzi lo si mortifica. Fifa e Uefa operano in posizione dominante e nessuno dice loro nulla. Dovrebbero sedersi al tavolo con noi ed essere rispettose dei nostri campionati, che per i tifosi vengono prima delle Coppe europee e delle nazionali. Ho calciatori che vanno e vengono dal Sudamerica o dall’Asia in 48 ore e poi devono giocare da noi il giorno dopo: follia”.

Il campionato d’estate sarebbe una rivoluzione del costume.
“Anche, assolutamente sì. Ma già adesso i tornei partono ad agosto, alcuni anche a luglio. E il tempo atmosferico si sta spostando, valutiamo anche questo”.

Nel calcio qual è l’operazione che le ha dato più soddisfazione?
“Nel Palermo vedevo questo giocatore con i capelli lunghi all’ala destra: era Cavani. Mi dicevano: non è roba per noi. Chiamai Zamparini, mi disse: “Lo vuoi? Dammi 19 milioni”. “Te ne do 18”. “Guarda che prendo l’aereo e vengo lì”. Dopo due ore era nel mio ufficio. Ricordo che stavo dando Quagliarella alla Juve, giocavamo all’estero, sugli spalti c’era il caos fra i tifosi contro di me. Cavani segnò due gol e Quagliarella era già dimenticato. Un grande campione, Quagliarella, lo ha dimostrato anche alla Sampdoria, mi è dispiaciuto poi scoprire che aveva un grosso problema poi risolto”.