«Io e Ventura siamo i figli di nessuno. Senza offesa, nel senso che non avevamo chi soffiando da dietro ci spingeva. Il nostro segreto? Gavetta e risultati. Oggi, lui ha raggiunto l’apice della carriera, io ho ancora qualcosa da fare …». E quel “qualcosa” può rappresentare la sua voglia di stupire contro l’Italia o di scrivere altre pagine di successo, ricche di riconoscimenti, onorificenze e premi. Gianni De Biasi è riuscito a portare, prima della politica, l’Albania in Europa, ha scritto la storia del paese ma resta un pezzo della Palermo d’ieri che il 24 marzo si ricomporrà nel puzzle della leggenda. IL PALERMO La chiama: «La mia Palermo». Con i rosa visse tre anni tormentati nei quali, «polentone per la prima volta al sud», imparò le nozioni essenziali della vita sull’erba: retrocessione, promozione in B, fallimento. E, nella stagione più bella, l’uccisione, per mano della mafia, del presidente Parisi. L’inizio della chiacchierata è scontato e sincero. «Palermo mi è rimasta nel cuore, i tifosi mi volevano bene, ho vissuto tempi felici, malgrado le vicissitudini», dice il ct come se il tempo non fosse passato, tra verità, cautele e battute. «Il primo anno siamo retrocessi, ma da allenatore non capisco come sia potuto accadere. La squadra era forte. Il secondo risalimmo lottando fino all’ultimo con Catanzaro e Messina. C’era anche Claudio Ranieri. Fui protagonista contro il Catanzaro capolista di un gol pazzesco e della vittoria; e a Messina, colpito da una bottiglietta d’acqua, venni ricoverato in ospedale. Dissero che fingevo. Provate a farvi centrare dagli spalti! Il Palermo però perse sul campo per un gol di Totò Schillaci e poi a tavolino». Era un mediano che univa tecnica a quantità, capace di realizzare qualche gol, in campo e fuori chiacchierone come pochi. Il primo ad aprire un sito ufficiale su internet. Gianni collezionò in rosa centocinque presenze e sette gol, dal 1983 al 1986.
CHIAMATEMI CAVALIERE Per i compagni il “professore” («Ero uno dei pochi eruditi del calcio …»), è stato un personaggio molto amato. Biondo, bello, lunghi capelli, girava per le strade al volante di una Volvo grigia metallizzata. Le ragazzine andavano all’allenamento per ammirarlo. Prestazioni ad alti livelli quelle di De Biasi che dei rosa divenne anche il capitano. Un periodo indimenticabile, con tante amicizie che resistono malgrado siano passati trent’anni, finito però nel peggiore dei modi con la radiazione della squadra. L’esclamazione al telefono tradisce il suo passato. «…Minchia, Chiamatemi cavaliere! Anni indimenticabili, ho trovato tutti più invecchiati. Lo stesso avranno detto di me. Quando sono tornato per la sistemazione logistica della nazionale, un sacco di gente mi ha riconosciuto. Una festa. Peccato che non abbia potuto prenotare Villa Igiea, davanti al mare di Vergine Maria che ho sempre amato. L’Italia ci ha fregati. Tornare a Palermo è una grande gioia. Quando sono entrato allo stadio per controllare il terreno, ho percorso il tunnel e sono uscito in campo mi ha preso una bella emozione: il Montepellegrino che sembra di marmo rosa, il cielo limpido, mi sentivo in maglietta e calzoncini. Un altro stadio non sarà mai così suggestivo». L’AMICIZIA CON RANIERI «Ci sentiamo sempre e sono andato a trovarlo quando era al Chelsea, al Valencia e altre volte. L’anno scorso per il suo trionfo col Leicester ho telefonato, non potevo proprio lasciare. Una volta fu lui a darmi buca. Doveva essere testimone alle mie nozze, non è venuto. Giustificato. Cominciava la sua avventura col Cagliari in quella estate dell’88». Si avvicina il giorno in cui De Biasi lascerà l’Albania? Il contratto scade a fine qualificazione… «In tempo per cominciare qualsiasi campionato. Spagna, Inghilterra? Non lo escludo, anzi è una prova che vorrei affrontare. E’ il momento di una grande scelta, l’Albania mi ha dato assai, mi sento uno di loro, ma la vita continua. La mia carriera è in evoluzione. Ho sessant’anni, ai tempi di Palermo, ad un uomo della mia età dicevano: «Ancora vivo è?». Ora mi sento giovane e con tanta voglia di altre avventure. Ranieri insegna». C’è stata ad inizio d’anno l’ipotesi Palermo: «Zamparini mi ha invitato ad Aiello. E’ stato gentile. Il giorno dopo: “Mister, venga mettiamo a posto ogni cosa. Non sapevo come dirgli di no, ho preso due giorni di tempo e sono scappato dalla trattativa. Non me la sentivo e ho mentito: “L’Albania mi tiene stretto”. Una scusa. Fosse stato il Manchester City sarei andato. Il nuovo presidente? Non capisco, come tanti tifosi palermitani. Non vorrei saltasse tutto per aria. Piuttosto come fanno ad essere indebitati se hanno sempre venduto fior di campioni da Toni a Dybala passando per Cavani e Pastore? Zamparini ha dato tanto e ha fatto sempre di testa sua. Forse non ha trovato collaboratori pronti a consigliarlo nel migliore dei modi». VENTURA IMPRESA DISPERATA «Contro Israele ci siamo castrati. Per sperare di qualificarci dovremmo battere Italia e Israele». Ride: «Se guidassi l’Italia avrei più speranze. Israele non è… invincibile, purtroppo siamo andati subito sotto, ci siamo complicati la vita con rigori ed espulsioni. Ventura ci teme? Dai, guardate l’organico che ha a disposizione. Io purtroppo, tra squalifiche e infortuni avrò tante assenze, debbo inventarmi la difesa che ha già i suoi problemi senza elementi di garanzia, con due squalificati e Mavraj infortunato; davanti non riusciamo a far gol. L’Europeo insegna. Tre punti come il Portogallo, loro hanno vinto, noi no. Ho incontrato in amichevole l’Italia di Conte, oggi ci sono in palio punti e gli azzurri mi sembrano più forti. Insigne, Belotti e Immobile vanno a manetta, giovani, e in rampa di lancio, una squadra di grandi goleador, mentre noi non la buttiamo mai dentro. Ventura ne toglie uno e ne mette un altro altrettanto bravo. Belotti è esploso, ha raggiunto la piena maturità. Mi piace Verratti a centrocampo e dietro c’è il blocco Juve che sembra eterno, per fortuna dell’Italia. Ho una squadra giovane, troppe assenze per competere, non sarà facile preparare uno scherzetto a Ventura che ammiro. In A non ci siamo mai scontrati, ricordo un Lecce-Cosenza in B, lui nel Lecce, andammo in vantaggio per due a zero, poi il tracollo e l’espulsione di un mio giocatore. Insomma, con me non vi annoiate mai. E nel nostro piccolo ci proveremo»”. Questo quanto si legge sull’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport”.