Dall’invasione americana al passo indietro: il caso Spezia e le strategie degli investitori stranieri

Negli ultimi anni, il calcio italiano ha assistito a una vera e propria ondata di investimenti provenienti dal Nord America. Oggi, ben 9 club di Serie A – tra cui Inter, Milan, Roma e Fiorentina – sono controllati da proprietà statunitensi o canadesi, a cui si aggiunge il Cesena in Serie B. Fino al mese scorso, in questa lista figurava anche lo Spezia, ma la cessione del club da parte della famiglia Platek a un gruppo australiano, il FC32, ha svelato l’altra faccia della medaglia di questi investimenti.
Come riportato da La Gazzetta dello Sport in un approfondito articolo di Marco Iaria, l’arrivo dei capitali americani in Italia è stato inizialmente incentivato da margini di crescita elevati e costi d’ingresso relativamente bassi, rispetto ad altri top campionati europei. Tuttavia, molti di questi investitori si sono scontrati con le complessità strutturali del calcio italiano, tra burocrazia, scarsa collaborazione tra club e difficoltà nel generare profitti immediati.
Robert Platek e lo Spezia: un investimento finito a zero euro
Uno dei casi più emblematici è quello dello Spezia e dell’imprenditore americano Robert Platek, classe 1964, con un passato nella gestione di hedge fund e partner di MSD Capital, il fondo che cura le fortune di Michael Dell, il magnate dei computer.
Nel febbraio 2021, Platek ha acquistato il 100% delle quote dello Spezia attraverso la sua holding Westchester South Investments, rilevandolo da Gabriele Volpi per una cifra di 14 milioni di euro. Un’operazione personale, e non legata direttamente al fondo MSD.
Dopo l’acquisizione, il nuovo proprietario ha iniettato capitali significativi nel club, con versamenti in conto capitale pari a 19 milioni nel 2021-22 e 13,2 milioni nel 2022-23, oltre a un ulteriore finanziamento da 11,5 milioni l’anno scorso. Nel complesso, tra prezzo d’acquisto e investimenti successivi, Platek ha speso 66 milioni di euro per lo Spezia.
Eppure, lo scorso 7 febbraio ha ceduto il club per la simbolica cifra di 1 euro, trasferendo l’intero pacchetto azionario agli australiani di FC32 Global Holdings.
Perché Platek ha mollato lo Spezia?
Nonostante le perdite accumulate negli anni (-17 milioni nel 2020-21, -17,7 nel 2021-22, -7 nel 2022-23 e -1,9 nel 2023-24, quest’ultimo grazie all’anticipo del paracadute), Platek non ha abbandonato lo Spezia per mancanza di liquidità. Pochi giorni dopo la cessione, ha infatti firmato un’esclusiva per l’acquisto del Reading, club inglese.
La decisione è stata dettata da una pura logica finanziaria: il suo investimento in Liguria si era rivelato troppo oneroso e senza prospettive di ritorno economico. La retrocessione in Serie B del 2023 ha complicato ulteriormente i piani della proprietà, che inizialmente aveva immaginato uno scenario fin troppo ottimistico.
Lo Spezia, dopo essersi salvato una prima volta in A, aveva disputato altre due stagioni nel massimo campionato, ma tra le difficoltà del Covid, il blocco del mercato imposto dalla FIFA e problemi interni di gestione, il progetto non è mai decollato del tutto.
Differenze tra gli investitori americani: business o trophy asset?
Il caso Spezia evidenzia una distinzione fondamentale tra gli investitori americani nel calcio europeo:
Chi tratta i club come un “trophy asset”, ovvero un trofeo da esibire, magari per ragioni sentimentali o per prestigio personale.
Chi entra con una logica puramente finanziaria, puntando a un rapido ritorno sull’investimento (ROI – Return on Investment), senza legami emotivi con il territorio o il club.
Platek rientra in questa seconda categoria: quando ha capito che il suo investimento non avrebbe generato utili, ha preferito ritirarsi prima di accumulare ulteriori perdite, lasciando il club in una situazione economicamente sostenibile, senza debiti pesanti e con un impegno di 12 milioni da parte della nuova proprietà per concludere la stagione.
Un trend destinato a continuare?
L’episodio dello Spezia dimostra che non tutti gli investitori americani hanno la pazienza di resistere nel lungo periodo, soprattutto in un contesto come quello italiano, dove i ritorni economici sono spesso inferiori alle aspettative.
Tuttavia, il flusso di capitali esteri nel calcio italiano non sembra destinato a fermarsi, anzi. Il nostro campionato continua a essere considerato un’opportunità, a patto che i club sappiano rendere più efficiente la gestione e creare modelli di business sostenibili.
Resta da capire quanti di questi investitori saranno disposti a restare anche nei momenti difficili, e quanti invece seguiranno il modello Platek, cedendo il passo al primo segnale di difficoltà.