Dai colpi di testa al Charleston ai gol siglati in Cina. Escl. Compagno: «Palermo nulla è perduto. Se dovessero chiamarmi…»

“Per questioni legate al fuso orario vedere il Palermo per me non è stato semplice, ma ho seguito tramite i risultati il suo percorso. Sono riuscito a vedere le ultime due partite e contro lo Spezia penso che la squadra abbia offerto una delle sue migliori prestazioni. Speriamo che questo sia solo l’inizio di una risalita. Una piazza come Palermo non può aspettare, ma se la squadra riuscirà a confermare quanto visto nell’ultima uscita, credo possa avere tutte le carte in regola per recuperare il terreno perduto.” Questo il pensiero ai microfoni di Ilovepalermocalcio.com dell’attaccante palermitano Andrea Compagno.

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Che ruolo ha avuto il calcio nella sua infanzia?
«Mio papà abitava in un residence e quindi ho avuto la fortuna di giocare all’interno di quella struttura con quei ragazzi che ancora oggi rappresentano i miei amici. L’estate era poi all’insegna del gioco tra i piloni del Charleston, giocando alla “tedesca”, rigorosamente a suon di colpi di testa. Trascorrevamo pomeriggi interi a giocare e, quando il sole tramontava, prendevamo l’autobus numero 87 e tornavamo al residence».

Con quale idolo è cresciuto?
«Il mio idolo è stato un giocatore che si è reso protagonista di uno dei periodi più belli del Palermo. Mi riferisco a Luca Toni. Avevo delle caratteristiche simili alle sue e sentirmi paragonare a un giocatore così importante era per me motivo di vanto e onore. Quello che ha fatto a Palermo è stato magnifico, in quello che è stato un vero e proprio trampolino per la sua carriera».

Mai tra i professionisti in Italia, affermazioni a suon di gol all’estero. Si è dato una spiegazione?
«Purtroppo il mio percorso calcistico in Italia è stato segnato da un problema fisico che mi ha limitato, non permettendomi di sviluppare la muscolatura idonea. Mi ero abituato a pensare che a calcio si giocasse con il dolore. La svolta è arrivata a San Marino, sia a livello professionale che umano. Oggi non sono lo stesso giocatore che tra i dilettanti in Italia stentava. Non ho dunque nulla da contestare a chi non mi ha concesso un’occasione tra i professionisti nel mio Paese, perché in quel periodo non ero all’altezza di quei palcoscenici».

Nel 2019 suo padre entrò a far parte del percorso di rinascita del Palermo. Ha sperato in una chiamata?
«No, tutt’altro. La mia storia in rosanero infatti è terminata quando entrai nella categoria Allievi, la stessa nella quale allenava mio padre. Caratterialmente non mi sentivo pronto ad affrontare quello che si sarebbe detto, soprattutto in merito a una mia possibile raccomandazione. Per queste ragioni preferii andare via e, non potendo cambiare regione, mi trasferii a Catania. Nel 2019 poi, tornare in Serie D non sarebbe stata per me la scelta giusta».

Brunori è finito ai margini. Sarebbe stato meglio chiudere prima questa vicenda, già in sede di mercato estivo?
«Probabilmente sarebbe stato meglio separarsi in estate. Il fatto che il simbolo a suon di gol della rinascita del Palermo sia finito ai margini non è sicuramente una bella immagine. Senza dubbio il tempo cancellerà questo spiacevole momento e Brunori porterà nel cuore i tifosi rosanero, che a loro volta si ricorderanno sempre di lui. La situazione attuale però non può che essere triste».

Le fa piacere il fatto che sui social diversi tifosi del Palermo abbiano fatto il suo nome per rinforzare l’attacco rosanero?
«Non sono un tipo che segue molto i social, provo a usarli il meno possibile. Certamente ho notato questo aspetto e mi fa molto piacere. Gli attestati di stima dei miei concittadini rappresentano un aspetto molto gradito».

E se arrivasse una chiamata del Palermo a gennaio?
«È un’ipotesi sicuramente affascinante. Poter giocare per la squadra della propria città, vestendo i panni del protagonista in uno stadio che ho sempre vissuto da spettatore, ha sicuramente qualcosa di romantico. Agendo però più razionalmente che di pancia, non so se questa rappresenterebbe per me la situazione migliore. Il mio sogno è sempre stato quello di giocare in Serie A e non so se la strada più giusta sia quella di passare dal torneo cadetto. Quest’ultimo, all’estero, ha un appeal minore e questo potrebbe farmi perdere in parte quanto guadagnato in questi anni a livello di visibilità. Chiaramente, se il Palermo dovesse chiamarmi, sarebbe impossibile non fare le dovute riflessioni su quella che sarebbe comunque un’ipotesi affascinante. Di certo c’è solo la chiusura del mio percorso con il Tianjin e da gennaio sarò svincolato. Questo aspetto mi permetterà di valutare al meglio le occasioni che si presenteranno».