Crisanti, intervistato durante la trasmissione televisiva di Rai3 Agora, denuncia: “Se un presidente di Regione pensa che il successo politico si dimostra non chiudendo, è chiaro che ci sono mille modi per aggiustare i dati e stare sotto la soglia“. L’accusa quindi è quella che le regioni possano non comunicare dati veritieri al governo.
Per Milano, secondo Crisanti, il lockdown doveva scattare più di 15 giorni fa.
Non ha usato mezzi termini il virologo Crisanti per parlare della situazione della Lombardia e di Milano, ufficializzate come zona rossa dal premier Conte nel corso della conferenza stampa di presentazione del nuovo Dpcm. Secondo Crisanti, infatti, l’istituzione del lockdown nel capoluogo lombardo arriverebbe in ritardo di ben 15 giorni.
Secondo il nuovo DPCM il governo, sulla base dei dati inviati dalle regioni al Ministero della Salute, stabilirà in che zona inserire le regioni italiane. Al momento in Italia ci sono zone gialle, arancioni e rosse, dove nelle zone gialle c’è un livello di contagio meno elevato, e dunque meno restrizioni, mentre nelle zone rosse il rischio è alto e ci sono più chiusure.
Tuttavia, a detta di Crisanti, non adottare un lockdown generale potrebbe essere controproducente proprio per il ruolo che si da alle regioni. “Se tenere aperto o chiudere una regione diventa un fatto politico, se un presidente di Regione pensa che il successo politico si dimostra non chiudendo, è chiaro che ci sono mille modi per aggiustare i dati e stare sotto la soglia“ denuncia Crisanti, che teme quindi che il consenso elettorale dei cittadini nei confronti della regione possa contare più della salute degli stessi.