Terremoto nella sanità siciliana. Coinvolti manager pubblici e imprenditori per un presunto giro di tangenti per aggiudicare appalti, a partire dal 2016, per un giro d’affari di 600 milioni.
Scattate 12 misure cautelari, in manette Fabio Damiani, attuale direttore generale dell’Asp di Trapani, ai domiciliari Antonino Candela, attuale coordinatore della struttura regionale per l’emergenza Covid-19, già commissario straordinario e direttore generale dell’Asp di Palermo.
Su delega della Procura della Repubblica di Palermo, i finanzieri del locale Comando Provinciale hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di applicazione di misure cautelari emessa dal gip del Tribunale del capoluogo nei confronti di 12 soggetti, a vario titolo indagati per corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio, induzione indebita a dare o promettere utilità, istigazione alla corruzione, rivelazione di segreto di ufficio e turbata libertà degli incanti.
Oltre a Damiani è finito in carcere anche l’agrigentino Salvatore Manganaro, faccendiere di riferimento del dg trapanese; Giuseppe Taibbi; Francesco Zanzi, amministratore delegato della Tecnologie Sanitarie Spa; Roberto Satta, responsabile operativo della Tecnologie Sanitarie Spa; Angelo Montisanti, responsabile operativo per la Sicilia di Siram Spa e amministratore delegato di Sei Energia scarl; Crescenzo De Stasio, direttore unità business centro sud di Siram Spa; Ivan Turola, referente occulto di Fer.Co. Srl; Salvatore Navarra, presidente del consiglio di amministrazione di Pfe Spa.
Applicata la misura del divieto temporaneo di esercitare attività professionali, imprenditoriale e pubblici uffici nei confronti di Giovanni Tranquillo, referente occulto di Euro&Promos Spa e Pfe Spa, e di Giuseppe Di Martino, ingegnere e membro di commissione di gara.
Il gip ha disposto inoltre il sequestro preventivo di 7 società, con sede in Sicilia e Lombardia, nonché di disponibilità finanziarie per 160 mila euro, quale ammontare allo stato accertato delle tangenti già versate: le tangenti promesse ai pubblici ufficiali raggiungono, però, una cifra pari ad almeno un milione e 800 mila euro.
Le indagini eseguite dal Nucleo di polizia economico – finanziaria delle fiamme gialle palermitane, svolte con l’ausilio di intercettazioni telefoniche e ambientali, appostamenti, pedinamenti, videoriprese, esami documentali e dei flussi finanziari, hanno consentito di ipotizzare l’esistenza di un centro di potere composto da faccendieri, imprenditori e pubblici ufficiali che avrebbero operato in modo da consentire di ottenere vantaggi economici nel settore della sanità pubblica.
Il sistema corruttivo ruotava intorno alle gare indette dalla Centrale unica di committenza della Regione Siciliana e dall’Asp di Palermo, con obiettivo l’accaparramento di appalti milionari del settore sanitario siciliano. Sono state analizzate 4 procedure ad evidenza pubblica interessate da condotte di turbativa, aggiudicate a partire dal 2016, il cui valore complessivo sfiora i 600 milioni di euro.
Le condotte illecite del sistema garantivano l’arricchimento personale dei pubblici ufficiali e dei loro intermediari, mediante l’applicazione di un tariffario che si aggirava intorno al 5% del valore della commessa aggiudicata. Gli operatori economici vincitori delle gare, importanti società di livello nazionale, erano consapevoli e partecipi delle dinamiche criminali, dalle quali traevano un vantaggio che avrebbe remunerato nel tempo il pagamento delle tangenti.
Lo schema illecito era consolidato: l’imprenditore interessato all’appalto avvicinava il faccendiere e questi, d’intesa con il pubblico ufficiale, concordava con l’impresa corruttrice le strategie per favorire l’aggiudicazione della gara. La società, ricevute notizie dettagliate e riservate, presentava la propria “offerta guidata”, che veniva poi adeguatamente seguita fino all’ottenimento del risultato illecito.
Le condotte scorrette emerse nel corso dello svolgimento delle procedure turbate riguardano: l’attribuzione di punteggi discrezionali, non riflettenti il merito del progetto presentato; la sostituzione delle buste contenenti le offerte economiche; il pagamento di stati avanzamenti lavoro anche in mancanza della documentazione giustificativa necessaria; la diffusione di informazioni riservate, coperte da segreto di ufficio.
I pagamenti delle tangenti in alcuni casi avvenivano con la classica consegna di denaro contante nel corso di incontri riservati, ma molto più spesso venivano invece mimetizzati attraverso complesse operazioni contabili instaurate tra le società aggiudicatarie dell’appalto e una galassia di altre imprese, intestate a prestanomi, ma di fatto riconducibili ai faccendieri di riferimento per i pubblici ufficiali corrotti.
Per rendere ancora più complessa l’individuazione del sistema criminale approntato, gli indagati si erano spinti fino alla creazione di trust fraudolenti, con l’obiettivo di schermare la reale riconducibilità delle società utilizzate per le finalità illecite. Il patto criminale veniva poi ulteriormente cementato grazie alle continue e sistematiche interlocuzioni che erano necessarie per gestire tutte le fasi attuative dei contratti la cui durata era pluriennale.